Accogliendo il ricorso di due imprenditori di brindisi indagati per frode fiscale oltre che per i reati di truffa e di truffa finalizzata al conseguimento di finanziamenti pubblici, la Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo avente ad oggetto un immobile il cui valore superava di molto il presunto profitto del reato.
E non stiamo parlando di una piccola differenza di valore. Nel caso di specie era stata sequestrata una villa il cui valore di mercato era circa 40 volte superiore all'imposta che si assumeva essere stata evasa.
Nella sentenza n. 18447 del 4 maggio 2015 (qui sotto allegata) la Cassazione ricorda che, in base a un consolidato orientamento, è necessario che ci sia una corrispondenza tra l'importo dovuto all'erario e la misura cautelare.
Nel caso di sequestro preventivo (finalizzato ad una successiva confisca) non può considerarsi legittimo gravare oltre misura la posizione dell'indagato e quindi, se c'è la possibilità di scegliere tra diversi beni, detta scelta deve ricadere su quelli il cui valore è più vicino a quello del profitto del reato.
Prima dell'intervento della Suprema Corte, il tribunale di Brindisi, accogliendo in parte un'istanza di riesame di un decreto di sequestro preventivo, aveva ridotto l'oggetto del sequestro limitandolo a delle somme di denaro (153.000 euro) e a un solo immobile sino alla concorrenza della somma di ulteriori 145.000 euro.
Gli indagati, ricorrendo in Cassazione, hanno fatto notare però come, nonostante l'accoglimento parziale della istanza di riesame, il sequestro fosse stato mantenuto su un immobile di elevatissimo valore mentre il tribunale avrebbe avuto la possibilità di concentrare il sequestro preventivo su altri immobili.
Cassazione Penale testo sentenza 18447/2015