L'avvocato aveva dato alla compagnia un termine di 7 giorni per richiedere la restituzione se non fosse stata accettata la nuova imputazione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione invitano gli avvocati  al rispetto delle regole della correttezza e della lealtà.

Con la sentenza n. 10090/15 qui sotto allegata hanno ritenuto responsabile sotto il profilo disciplinare un avvocato che ha imputato in acconto sul maggior credito una somma che gli era stata invece inviata dalla compagnia di assicurazioni per il pagamento di una provvisionale liquidata dal giudice penale.


Il danneggiato da un sinistro stradale aveva ricevuto un assegno di € 56.120 (corrispondente alla provvisionale) e il suo avvocato aveva risposto precisando che la somma sarebbe stata trattenuta a titolo di acconto su quanto effettivamente dovuto indicando un termine di sette giorni per l'eventuale richiesta di restituzione se non fosse stata accertata la nuova imputazione di pagamento.


Decorso del termine l'assegno è stato consegnato al cliente per l'incasso mentre l'avvocato notificava un precetto alla compagnia per richiedere il pagamento della provvisionale.

L'avvocato veniva sottoposto a procedimento disciplinare al cui esito seguiva un provvedimento di sospensione per 4 mesi per la inosservanza dei doveri di lealtà e di correttezza.

Il fatto di non aver imputato il pagamento alla provvisionale aveva infatti consentito al danneggiato di notificare il precetto alla compagnia.

Il provvedimento disciplinare veniva impugnato ma il Consiglio Nazionale Forense si limitava a ridurre la sanzione della sospensione a due mesi.


Il caso finiva quindi in Cassazione dove l'avvocato si è difeso spiegando che l'invio del precetto era stato la conseguenza del fatto che la compagnia aveva tentato in modo maldestro di definire il sinistro con un importo molto basso.


Ma per la suprema corte il comportamento dell'avvocato non è giustificato dalla "opacità" del comportamento della compagnia

Come si legge in sentenza "il Consiglio Nazionale Forense, da un lato, ha dato atto che l'assegno spedito dalla società assicuratrice in adempimento della condanna pronunciata dal giudice penale, era accompagnato da una quietanza in cui si specificava che la somma veniva versata a titolo di "risarcimento di tutti i danni subiti""!. Dall'altro lato "ha ritenuto indimostrato che sulla stessa fosse apposta la scritta a mano "provvisionale", segnatamente evidenziando che l'esistenza di due diciture contrastanti sul medesimo plico era fatto di per sé inverosimile".

La Cassazione fa notare però che "il pagamento della società assicuratrice era intervenuto ad oltre tre

anni dal sinistro, ma a pochi giorni dalla pronuncia della sentenza penale, con un importo del tutto corrispondente a quanto liquidato per capitale, spese legali e accessori". 


Ciò imponeva senz'altro di imputarlo alla provvisionale liquidata, per cui la pretesa di agire in via esecutiva per riscuotere la provvisionale non poteva ritenersi improntata a lealtà. 


La Corte conclude ricordando che "l'obbligo dell'avvocato di ispirare la propria condotta all'osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro" trova riscontro "nel disposto dell'art. 88 cod. proc. civ., che non solo sancisce il dovere delle parti e dei loro difensori di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, ma impone altresì al giudice, ove il patrocinatore lo infranga, di riferirne all'autorità disciplinare".

Si rimanda per il resto alla lettura della sentenza qui sotto allegata.

Cassazione testo sentenza 10090/2015

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