Avv. Paolo Accoti - Da oggi, 26 maggio 2015, data di entrata in vigore della Legge 6/05/2015, n. 55, cd. legge sul Divorzio Breve, per divorziare s'impiegherà meno tempo.
Il divorzio breve
Infatti il decorso dei canonici tre anni dalla separazione (introdotti con la L. n. 898/1970) necessari per il divorzio, oramai sono solo un ricordo, l'attuale disciplina che, appunto, modifica l'art. 3 co. I, lett. b) n. 2) della Legge n. 898/1970, prevede una sensibile riduzione dei tempi.
Dalla suddetta data, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio
può essere domandato da uno dei coniugi, fermi restando gli altri casi previsti, quando: "…. è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta".
I tempi del divorzio breve
La riforma, che risulta applicabile anche ai giudizi in corso, come visto, prevede essenzialmente due termini diversi, a seconda della tipologia di separazione.
A) Il termine di sei mesi decorrenti da:
A.1) dalla data di comparizione dei coniugi di fronte al Presidente del tribunale in caso di separazione consensuale;
A.2) dalla data di comparsa dei coniugi di fronte al Presidente del tribunale in caso di mutamento della separazione da giudiziale in consensuale,
A.3) dalla data certificata dell'accordo di separazione in sede negoziale;
A.4) dalla data dell'atto di accordo concluso innanzi all'Ufficiale dello stato civile.
B) Il termine di dodici mesi in caso di separazione giudiziale, decorrenti dalla data di comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del tribunale.
Pertanto il discrimine temporale più o meno lungo, dei sei ovvero dodici mesi, dipende dalle concrete modalità con la quale si è giunti alla separazione personale dei coniugi.
Il legislatore pare abbia preferito in un certo senso "premiare" coloro i quali hanno inteso separarsi consensualmente e, pertanto, con procedure giudiziali non contenziose ovvero con procedure non giurisdizionali, tanto probabilmente nell'ottica di favorire l'opera di degiurisdizionalizzazione del contenzioso, già avviata con altre misure volte a definire l'arretrato dei processi civili, quali le nuove norme sull'arbitrato, la mediazione e la negoziazione assistita dagli avvocati.
Per completezza ricordiamo che la legge in commento modifica altresì l'art. 191 c.c. aggiungendovi un comma che prevede lo scioglimento della comunione legale anche in caso di separazione giudiziale, nel momento in cui il Presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, in caso di separazione consensuale, dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione dei coniugi dinanzi al Presidente, purché successivamente omologato.
Come divorziare: ecco i vari metodi
Verificata l'attuale tempistica per avviare la procedura di divorzio, passiamo ai metodi previsti per giungere allo scioglimento del matrimonio.
Come visto sostanzialmente la legge di riforma li riassume, anche se i diversi istituti sono regolati da diverse leggi, alcune di recentissima emanazione, come nel caso della negoziazione assistita dagli avvocati e l'accordo dinnanzi all'ufficiale di stato civile.
Divorzio davanti al giudice
Gli istituti storici prevedono l'intervento giudiziale, sia in caso di divorzio contenzioso che in quello di divorzio consensuale, in entrambi i casi, infatti, è previsto l'intervento del tribunale, nella cui circoscrizione risiede il coniuge convenuto (ipotesi contenziosa) ovvero di quello nel quale risiede uno o entrambi i coniugi (ipotesi consensuale).
Nell'ipotesi di divorzio contenzioso, la domanda giudiziale generalmente viene avanzata da uno dei coniugi che, pertanto, assume la veste di ricorrente (attore), il quale si rivolge al tribunale chiedendo allo stesso lo scioglimento del vincolo matrimoniale (sia esso civile o concordatario), ferme restando le ulteriori domande che è possibile avanzare, ad esempio l'addebito del divorzio, l'assegno di mantenimento, la regolazione dei rapporti economici, l'affidamento dei figli, della casa coniugale, ecc.
L'altro coniuge assumerà la qualità di resistente (convenuto), il quale con autonomo atto avrà la possibilità di esporre le proprie difese, ragioni e deduzioni nonché avanzare altrettante domande, generalmente non coincidenti con quelle del ricorrente, se non probabilmente nella sola parte relativa allo scioglimento del matrimonio.
Il procedimento contenzioso ha natura bifasica.
La prima fase, avente carattere sommario, si svolge dinnanzi al Presidente del tribunale, il quale per legge è tenuto innanzitutto a tentare la conciliazione dei coniugi.
Se la conciliazione riesce, nulla questio, amici come prima, se questa invece fallisce il Presidente provvede, separatamente, all'audizione dei coniugi all'esito della quale emetterà ordinanza contenente i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e degli eventuali figli, quindi, fissa la data d'udienza e comparizione delle parti innanzi al giudice istruttore designato per l'avvio della seconda fase, quella di merito.
La seconda fase, segue i dettami del processo ordinario di cognizione, nel corso del quale si provvede all'istruzione della causa (ad esempio, con l'escussione di testimoni) e si conclude con un provvedimento, che può confermare o modificare i provvedimenti assunti con ordinanza del Presidente, che avrà le forme della sentenza e, in quanto tale, soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.
Divorzio consensuale
Nel caso invece di divorzio consensuale, l'iter risulta assolutamente più celere, solitamente, infatti, si conclude in una sola udienza davanti al tribunale in composizione collegiale, e si svolge con le forme del rito camerale.
L'introduzione della domanda avviene sempre con ricorso presentato, generalmente, dai coniugi congiuntamente, assistiti da uno o più avvocati, nel quale sostanzialmente gli stessi stabiliscono a monte le condizioni e i patti del divorzio e le consacrano all'interno del ricorso.
Il tribunale, anche in questo caso è tenuto a tentare la conciliazione dei coniugi, all'esito della quale emetterà sentenza di "omologa" degli accordi raggiunti dai coniugi, anch'essa soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.
In caso di figli minori è previsto l'intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, disposto a salvaguardia degli interessi dei predetti minori.
Passiamo quindi alle procedure non giudiziali del divorzio che si sostanziano, come accennato, nella negoziazione assistita dagli avvocati e nell'accordo dinnanzi all'ufficiale di stato civile.
Come accennavamo, questi risultano strumenti alternativi alla definizione contenziosa delle controversie.
Divorzio con negoziazione assistita
La negoziazione assistita dagli avvocati, entrata in vigore 12 settembre 2014, rappresenta una "soluzione consensuale", necessita pertanto dell'accordo tra i coniugi, che dovranno sottoscrivere una convenzione con la quale stabiliscono le modalità del divorzio.
La convenzione può riguardare coniugi con o senza figli minorenni o con prole maggiorenne incapace o portatrice di handicap ovvero economicamente non autosufficiente.
I coniugi, nella stipula della convenzione scritta di negoziazione assistita, dovranno obbligatoriamente farsi assistere almeno da un avvocato per parte e concludere il procedimento in un lasso di tempo determinato dalle stesse parti che, in ogni caso, non può essere inferiore a 1 mese né superiore a 3 mesi, prorogabile di ulteriori 30 giorni su accordo delle parti.
L'accordo deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati.
Il procedimento viene avviato con il conferimento del mandato di uno dei coniugi all'avvocato (uno o più) prescelto per l'avvio della procedura di divorzio.
Qualora il coniuge decida di avvalersi della negoziazione assistita l'avvocato formulerà, per iscritto, l'invito all'altro coniuge, comunicando la volontà del proprio assistito di addivenire ad una risoluzione negoziata della controversia.
L'invito deve contenere l'oggetto della controversia e l'avvertimento che, la mancata risposta ovvero il rifiuto ad accedere alla negoziazione assistita entro trenta giorni dalla ricezione, può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli art. 96 e 642 c. I c.p.c.
In ipotesi di accordo lo stesso deve contenere la modifica dello status dei coniugi, gli aspetti economici della cessazione dell'unione coniugale nonché le disposizioni riguardanti i figli e, quindi, il loro affidamento e il relativo mantenimento.
In assenza di figli (minorenni o maggiorenni incapaci o non autosufficienti) l'accordo concluso deve essere trasmesso, senza alcun apposizione di termine, al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica competente per territorio.
Se questi rileva delle irregolarità non concede il "nulla osta". Le parti in questo caso o rinegoziano l'accordo e ripetono l'iter ovvero procedono in via giudiziale.
In presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o non autosufficienti l'accordo, questa volta nel termine perentorio di 10 giorni dalla sua conclusione, deve essere trasmesso al PM che può "autorizzarlo" se ritiene lo stesso corrispondente all'interesse dei figli oppure, se non valuta positivamente detto aspetto, lo trasmette entro 5 giorni al Presidente del tribunale.
L'avvocato è tenuto a trasmettere all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, l'accordo autenticato dallo stesso, munito delle certificazioni.
Come detto, in presenza di figli e, pertanto, nella sola ipotesi di "autorizzazione", l'accordo deve essere trasmesso entro 10 giorni.
Divorzio in comune
Il divorzio dinnanzi all'ufficiale dello stato civile è entrato in vigore l'11 dicembre 2014, da tale data i coniugi possono concludere, innanzi all'ufficiale dello stato civile (Sindaco), un accordo per il divorzio.
I coniugi possono farsi assistere da un avvocato, pertanto, non vi è alcun obbligo di patrocinio legale, l'accordo di separazione, divorzio o modifica delle condizioni può essere concluso esclusivamente da coniugi senza figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap ovvero economicamente non autosufficienti e non può contenere "patti di trasferimento patrimoniale", in altri termini, viene esclusa qualsiasi pattuizione economica.
I coniugi, con l'assistenza discrezionale di uno o più avvocati, comunicano personalmente all'ufficiale dello stato civile la loro volontà di far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento dello stesso, secondo le modalità concordate tra essi.
L'atto contenente l'accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni.
La norma precisa che i coniugi che abbiano effettuato la dichiarazione di volere divorziare siano riconvocati dall'ufficiale dello stato civile non prima di trenta giorni, per la conferma dell'accordo.
L'accordo concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile, così come avviene per la negoziazione assistita, produce gli effetti di un provvedimento giudiziale sin dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione o divorzio, e non da quella della conferma.
Con la circolare n. 6/2014 del 24 aprile 2015, il Ministero dell'Interno, ha chiarito che il divorzio dinnanzi all'ufficiale di stato civile non è percorribile in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, ma se tuttavia i figli non sono di entrambi i coniugi ma, al contrario, di uno soltanto di essi, il divorzio dinnanzi all'ufficiale di stato civile è consentito.
Ha precisato altresì che non rientra nell'ipotesi di divieto di trasferimento patrimoniale, l'accordo in merito all'obbligo di pagamento di un assegno periodico di mantenimento.
Rimane vietato, al contrario, l'obbligo di pagamento in una unica soluzione.
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