di Licia Albertazzi -
Per essere legittima, la contestazione disciplinare alla base del licenziamento deve rispettare il canone della sufficienza, dunque avere alcuni caratteri specifici, quali la tempestività e un'adeguata motivazione.
Nel caso di specie, ricorre un istituto di credito, datore di lavoro, avverso la sentenza della Corte d'appello che ha ritenuto illegittima l'irrogazione della sanzione del licenziamento a seguito di accertata illegittimità di un'operazione finanziaria molto complessa posta in essere da proprio dipendente, in elusione della normativa antiriciclaggio.
Riteneva la Corte di merito che la contestazione sarebbe avvenuta tardivamente (a distanza di cinque anni dall'accaduto) e che la stessa sarebbe stata troppo generica, compromettendo le possibilità di difesa dell'interessato. Il ricorso della banca, nonostante l'esposizione di due importanti principi di diritto, è rigettato per i motivi che seguono.
Da un lato la Cassazione chiarisce che "La regola dell'immediatezza della contestazione disciplinare, intesa anzitutto a garantire al lavoratore incolpato l'effettiva possibilità di difesa, non è violata se il datore di lavoro proceda all'incolpazione solo dopo aver avuto piena conoscenza dei fatti e piena possibilità di convincersi dell'illiceità di essi, ciò che, quando si tratti di complesse operazioni bancarie, può richiedere un congruo periodo di tempo, nell'interesse dello stesso lavoratore".
Dall'altro la Corte fa notare che "In tema di licenziamenti disciplinari l'esigenza di specificità della contestazione non è così rigida come nel processo penale ma si uniforma al principio di correttezza vigente nei rapporti contrattuali ed obbedisce all'interesse dell'incolpato a esercitare il diritto di difesa". A tal fine, quindi, "è necessario che dal capo di incolpazione risultino con certezza non soltanto il fatto addebitato ma, quando si tratta di norme di livello legislativo o regolamentare, e tanto più di norme di livello inferiore, è necessaria, se non l'indicazione precisa della norma violata, almeno una descrizione del fatto tanto precisa da risultarne chiara la sussumibilità sotto sotto una regola determinata".
Nel caso di specie, però, la lettera di contestazione non indicava le norme violate ma solo un vago riferimento a regole di corretta tenuta della contabilità e ad inproprie registrazioni effettuate contro la legge 197 del 91 sull'antiriciclaggio.
Vai al testo della sentenza 10727/2015