Intervenendo nella delicata materia della procreazione medicalmente assistita, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme della legge 40/2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui non consentono anche coppie fertili di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita quando sono portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili.
Le norme dichiarate incostituzionali sono gli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge 40/2004.
La vicenda ha preso le mosse da due ricorsi di due coppie di Roma che avevano chiesto di essere ammesse alla procedura di procreazione medicalmente assistita, per evitare il rischio di trasmettere ai propri figli una malattia genetica ereditaria da cui, in entrambi i casi, uno dei partner era affetto.
Il tribunale di Roma trovando un ostacolo normativo proprio nella legge 40/2004 ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle suddette norme per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, oltre che con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU.
Il Tribunale aveva fatto notare che il fatto di precludere alle coppie sterili, con gravi malattie genetiche trasmissibili, l'accesso alla procreazione medicalmente assistita si sarebbe posto in contrasto "con il diritto inviolabile della coppia ad avere un figlio "sano" e con il diritto ad autodeterminarsi nella scelta procreativa".
Il Tribunale aveva anche evidenziato che la normativa in questione avrebbe violato il diritto alla salute della donna costringendola a subire un interruzione volontaria della gravidanza in caso di accertata trasmissione al feto della sua malattia.
La Consulta, riconoscendo il diritto inviolabile delle coppie ad avere un figlio sano, ha ritenuto che la normativa in oggetto è in contrasto con gli articoli 3 e 32 della costituzione.
Come si legge nella parte motiva della sentenza sussiste, in primo luogo, "un insuperabile aspetto di irragionevolezza dell'indiscriminato divieto all'accesso alla Procreazione medicalmente assistita" da parte di coppie fertili affette da gravi patologie genetiche ereditarie perché, in palese antinomia normativa, "il nostro ordinamento consente, comunque, a tali coppie di perseguire l'obiettivo di procreare un figlio non affetto dalla specifica patologia ereditaria di cui sono portatrici, attraverso la, innegabilmente più traumatica, modalità della interruzione volontaria (anche reiterata) di gravidanze naturali".
Da ciò scaturisce, secondo la Consulta, anche la violazione dell'art. 32 Costituzione per il mancato rispetto del diritto alla salute della donna.
La normativa denunciata - si legge nella motivazione - costituisce "il risultato di un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in violazione anche del canone di razionalità dell'ordinamento".
Per altri dettagli si rimanda al testo della sentenza qui sotto allegato.
Corte Costituzionale, testo sentenza 96/2015