Patrizia Ziviz, con il contributo pubblicato su P&D il 4 giugno 2015, si è occupata di tabelle risarcitorie di legge, contemplate agli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private, e delle modifiche che verranno introdotte dal Disegno di legge del Governo, approvato nel Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2015.
La materia ne risulterà profondamente innovata.
"E' a tutti noto che il campo operativo di tali disposizioni comprende oggi anche il settore della responsabilità dell'esercente di professioni sanitarie, secondo quanto previsto dall'art. 3 della c.d. legge Balduzzi (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge con modificazioni da l. 8 novembre 2012, n. 189): norma la quale afferma che "il danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all'attività di cui al presente articolo". Attraverso tali indicazioni si è così assicurato il governo di nuovi territori a un sistema valutativo molto discusso, in termini di legittimità costituzionale, e la cui completa attuazione rimane ancor oggi parzialmente sospesa, non essendo stata finora predisposta la tabella unica prevista per la valutazione del danno biologico relativo a lesioni di non lieve entità.
Pare, tuttavia, che il legislatore non si accontenti di garantire, alle tabelle di legge, la conquista di nuovi campi del torto. In tempi più recenti, è emerso l'intento di estendere la copertura - da parte delle stesse - dell'intera area del danno non patrimoniale (derivante da sinistri stradali ovvero da responsabilità medica). In tal senso, infatti, appare declinata la riforma degli artt. 138 e 139 cod. ass. inserita all'interno del Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 febbraio del 2015. La nuova versione di tali norme è rivolta a ribadire - in entrambe i casi - che "l'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche".
In caso di approvazione della riforma, troverebbero allora conferma - a livello normativo - le discutibili conclusioni che qualche mese fa erano state raggiunte dalla Corte costituzionale in punto di legittimità dell'art. 139 cod. ass..
Rammentiamo, a tale proposito, che la sentenza n. 235/2014 - pur rilevando che la norma menziona il solo danno biologico - ritiene che entro tale posta di pregiudizio debba essere ricondotto anche il patema d'animo."
Si verifica anche il curioso destino della norma disciplinante i macrodanni, vale a dire l'art. 138 del Codice delle Assicurazioni, che viene modificata senza aver mai visto prima la luce applicativa.
Le future tabelle per le lesioni di non lieve entità contemplano una delega in bianco dopo che il nostro scombiccherato legislatore era decaduto da quella prevista per la redazione delle tabelle originarie.
Prende, pertanto, corpo la tabella unica nazionale per le menomazioni dal 10 al 100%.
Attraverso un raccordo normativo assai discutibile la nuova versione dell'art. 138 del Codice assicurativo indica in tre mesi il termine entro cui adottare la nuova tabella.
Ovviamente il termine decorrerà dall'entrata in vigore della riforma.
Come al solito, il nome scelto dai peones di Renzi è pomposo: DDL Concorrenza.
Contiene, tra l'altro, una disciplina inconcepibile sull'indicazione dei testimoni, per ora riguardante solo i sinistri con danni alle cose; poi, una volta metabolizzata da un'opinione pubblica anestetizzata, che non ha più anticorpi nell'inesistenza di media di contrasto e riequilibrio come, invece, avveniva al tempo di Berlusconi (malgrado ne controllasse buona parte!), di certo tale draconiana misura verrà estesa ad abbracciare tutti i sinistri.
Un ordigno del genere aveva già fatto capolino (o meglio: era addirittura entrato in vigore con decretazione d'urgenza!) con il mostruoso art. 8 del decreto legge n. 145 del 23 dicembre 2013, denominato "Destinazione Italia", poi fortunatamente radiato in sede di conversione, ma ora ampliato e rivisitato nei contenuti.
Va da sé che la Consulta di qualunque Paese civile (e anche di molti... incivili) farebbe a brandelli una disposizione che pone un argine temporale così esiguo, vale a dire il termine per la presentazione della denuncia del sinistro prevista dall'art. 143 del Codice delle Assicurazioni Private, all'indicazione dei testimoni; il Presidente Mattarella, a fortiori per la sua provenienza dai nobili ranghi della Corte Costituzionale, non dovrebbe promulgare una norma siffatta che tocca principi fondamentali non negoziabili.
Va posto in risalto che il principio de l'égalité des armes consiste nel contraddittorio e nel diritto alla difesa, che sono garanzie basilari per ogni Stato di diritto, dando per ammesso e scontato che lo Stato renziano sia ancora tale, anche se già qualche studioso di diritto costituzionale comincia a definire l'Italia una democratura, vale a dire uno strano connubio tra democrazia e dittatura.
In effetti, ove un sol uomo è al comando (per giunta circondato da personale - meticolosamente selezionato per fedeltà al Capo - non sempre all'altezza del gravoso compito) tanta democrazia non c'è.
Il contraddittorio, il diritto alla difesa e il diritto alla prova nel nostro sistema processuale si pongono quali canoni di verifica della legittimità costituzionale delle singole norme processuali.
Oltretutto, allo stato dell'arte, se la finalità della riforma in ambito rca era di prevenire e contrastare le frodi in assicurazione, non si comprende neppure per quale recondita ragione la limitazione venga (attualmente) circoscritta ai danni ai veicoli, di valore estremamente inferiore ai danni alla persona.
Inoltre, in un eccesso di zelo, la norma restrittiva non potrebbe non applicarsi anche alle compagnie assicurative convenute (e chiamate in causa), con conseguenza violazione dei diritti di difesa pure a scapito di tali enti.
Talché, ciò rafforza il convincimento che chi ha materialmente redatto quella norma che sancirà l'inammissibilità della prova per testi andrebbe, più che assoggettato alla drastica censura d'incostituzionalità, rispedito a scuola di diritto processuale.
Infatti, persino l'assicuratore rimarrebbe alla mercè del proprio assicurato anche laddove ritenga di avere ragione nel respingere l'ipotesi della liquidazione del sinistro.
Con un briciolo di residuo buonsenso nel nomoteta della riforma si fanno salve - ci mancherebbe pure il contrario!!! - le risultanze contenute nei verbali delle autorità di polizia intervenute in loco per i consueti rilevamenti - accertamenti in margine al sinistro.
Il legislatore si è anche dimenticato dell'esistenza dell'art. 183 del c.p.c. che consente sino alla seconda scansione temporale di indicare nuovi mezzi di prova e prove documentali.
E perché non esiste anche l'art. 320 c.p.c. per il processo avanti al Giudice di Pace? Serve a perfezionare le difese, inclusa l'indicazione di nuovi testimoni anche oculari.
Spieghiamolo al legislatore della... controriforma del sistema risarcitorio!
Quale scenario, dunque, sempre in attesa del responso delle Sezioni Unite sul danno da perdita della vita (ma quanto tempo ci mettono?!), per i diritti non patrimoniali dei danneggiati?
Di certo, se un senso esiste nella disorganica legislazione a macchia di leopardo, è quello di depotenziare qualsivoglia interpretazione extravagante.
Un modo di mettere la museruola alla Magistratura?
Un rafforzamento di dirigismo politico dopo la Legge 27 febbraio 2015, n. 18 sulla responsabilità civile del magistrato?
Si tratta di una legge, quella sulla responsabilità dei magistrati, con pochi punti positivi e molte ombre: un'evoluzione sì, ma densa di pericoli in un clima di disprezzo per la giurisdizione, quasi che il rivolgersi alla magistratura sia ormai concepito come un rischio.
Proseguendo nel riportare il pensiero della grande studiosa triestina a proposito della recente sentenza della Consulta n. 235/2014...
"Un risultato del genere viene raggiunto accogliendo una tesi che, sia pure in termini di obiter, era stata anticipata dalla Cassazione nella sentenza n. 12408/2011: lì i giudici di legittimità, pur riconoscendo che la tabella normativa risultava riferita a una concezione del pregiudizio non patrimoniale anteriore a quella unitaria affermata dalle Sezioni Unite del 2008, riconoscono che la tabella (e i relativi tetti invalicabili stabiliti per la personalizzazione del risarcimento) riguarda non già la sola componente biologica del pregiudizio, bensì le conseguenze non patrimoniali della lesione alla salute complessivamente intese: comprensive, quindi, delle sofferenze di carattere morale.
A tali indicazioni si è, dunque, allineata la Consulta, richiamando il principio - affermato dalle Sezioni Unite - secondo cui il danno morale "rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente".
L'assunto secondo cui il danno morale viene assorbito nel danno biologico implica, di conseguenza, che la relativa liquidazione debba aver luogo nell'ambito del relativo sistema tabellare.
La proposta di riforma dell'art. 139 - cui viene parallelamente affiancata quella dell'art. 138 cod. ass. (che verrebbe così modificato senza mai aver trovato concreta attuazione) - si preoccupa di assicurare che questo tipo di lettura non possa essere smentito. Si prevede, infatti, che il sistema di valutazione individuato da tali disposizioni assuma una portata di carattere onnicomprensivo nei confronti di tutte le ripercussioni non patrimoniali della lesione alla salute.
Ora, è ben evidente che l'operazione messa in atto (prima a livello giurisprudenziale e quindi confermata) a livello normativo si traduce in un deciso taglio del risarcimento.
Ben diversa appare, in effetti la strada seguita rispetto a quanto avvenuto per la tabelle di fonte giurisprudenziale: le quali, nel momento in cui sono state applicate ai fini di una valutazione del danno non patrimoniale inteso in maniera unitaria, hanno visto ritoccati i valori del punto, in modo da comprendere anche la componente morale.
In sede normativa, invece, non viene prevista alcuna rideterminazione del punto di invalidità, per cui un valore che in passato veniva convenzionalmente riferito esclusivamente la componente biologica del pregiudizio diviene il riferimento per la liquidazione complessiva del danno non patrimoniale sofferto dalla vittima.
In sede di proposta di modifica legislativa succede anche di peggio rispetto a quanto avvenuto a livello di interpretazione giurisprudenziale.
Nel testo riformato dell'art. 139 cod. ass., in corrispondenza al valore previsto per il primo punto del danno biologico permanente, viene inserito esattamente lo stesso importo (674,78 euro) presente nel testo della norma vigente.
Non è stato tenuto conto che - in applicazione del comma 5 della medesima disposizione - tale valore ha subito un aggiornamento annuale: sicché l'attuale valore del punto, in attesa dell'aggiornamento 2015, ammonta a euro 795,91. (Analogo discorso va formulato con riguardo all'importo riconosciuto per il danno biologico temporaneo, il cui iniziale valore di euro 39,37 euro è salito, con i successivi aggiornamenti, all'importo attuale di euro 46.43).
Il risultato è che, come nel gioco dell'oca, nella costruzione della tabella si torna indietro, ripartendo dai valori del 2006.
Possibile che nessuno se ne sia accorto?
Si tratta soltanto di sciatteria, oppure c'è dietro una precisa volontà di comprimere ulteriormente i risarcimenti?
Ulteriori particolari confermano la superficialità con la quale il legislatore sembra intenzionato a riformare una disciplina tanto delicata.
Basta fermarsi a leggere la rubrica utilizzata nel nuovo testo delle due norme: si parla, rispettivamente, di "Danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità" nell'art. 138 e di "Danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità" nell'art. 139.
Sostituendo all'aggettivo "biologico", attualmente previsto, la locuzione "non patrimoniale" si finisce allora per perdere ogni riferimento al fatto che il pregiudizio cui è rivolta la valutazione è quello derivante dalla lesione alla salute.
La dizione utilizzata appare del tutto indeterminata, in quanto astrattamente riferibile a qualunque tipo di compromissione non economica, scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona.
Andando a leggere il nuovo testo delle due norme, è possibile verificare - altresì - che l'affermata onnicomprensività delle tabelle non risulta ancorata, per alcun verso, a una rideterminazione del fenomeno oggetto di valutazione.
Il legislatore si limita, infatti, a riproporre le definizioni di danno biologico presenti nel testo attuale delle norme (v. art. 138 comma 2, lettera a, e art. 139, comma 2, che vengono ricalcate in maniera testuale): le quali, com'è noto, non fanno alcun riferimento al danno morale.
Si finisce, così per smarrire ogni considerazione della componente standard di tale pregiudizio.
Bisogna - in effetti - rilevare che del profilo morale del danno non si tiene conto nel valore di base del punto, essendo lo stesso destinato a riflettere esclusivamente la componente biologica del pregiudizio, come testualmente affermato da entrambe le norme.
Ma le ripercussioni morali che sono normalmente collegate alla lesione dell'integrità psico-fisica non potrebbero essere prese in considerazione nemmeno in sede di personalizzazione: vediamo, infatti, che entrambe le norme condizionano l'intervento di ritocco del giudice all'accertamento di "una sofferenza psicofisica di particolare intensità".
Che la riscrittura delle norme sia avvenuta con estrema superficialità emerge, d'altro canto, dallo stesso paragrafo inserito per suggellare l'onnicomprensività delle tabelle: si parla, infatti, di esaustività del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche, dimenticandosi del fatto che la lesione alla salute può intaccare anche la sfera psichica. Dovremmo, allora, ritenere che compromissioni di quest'ultimo tipo potrebbero essere riconosciute al di fuori del calcolo tabellare?
A fronte di tante e tali mancanze è inutile allora sottolineare la necessità che il legislatore - ove decida di confermare la riforma delle tabelle normative - riprenda completamente in mano la formulazione delle due norme presente nel testo licenziato dal Consiglio dei ministri, per riscriverle in maniera più attenta e meditata.
Autrice: Patrizia Ziviz, fonte P&D del 4 giugno 2015, titolo originale dell'articolo "Verso la conferma normativa dell'onnicomprensività delle tabelle (non aggiornate!) di cui agli artt. 138 e 139 Cod. Ass."