Avv- Paolo Accoti - Avevamo già affrontato l'argomento della mediazione e della negoziazione assistita, delineandone i casi di obbligatorietà e gli aspetti prettamente processuali: La mediazione e la negoziazione assistita. I casi di obbligatorietà e gli aspetti procedurali.
La definizione dell'istituto viene fornita dall'art. 1 D.L. 132/2014, per il quale: "La convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati …".
In sostanza, rappresenta uno strumento per la definizione stragiudiziale delle controversie, pertanto, è finalizzata alla composizione bonaria della lite, con la sottoscrizione delle parti - assistite dai rispettivi difensori - di un accordo detto convenzione di negoziazione.
L'obbligatorietà vige in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per chi intenda proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo - ad eccezione dei crediti in materia di lavoro - di somme non eccedenti cinquantamila euro (art. 3 co. I D.L. 132/2014) e in materia di contratti di trasporto o di sub-trasporto (art. 249 L. 190/2014).
Il legislatore ha poi previsto specifiche disposizioni per ció che concerne la negoziazione assistita facoltativa in materia di famiglia: Separazione e divorzio. Gli istituti introdotti dal DL 132/2014: la negoziazione assistita dagli avvocati e l'accordo dinnanzi all'ufficiale dello stato civile. Contenuti e aspetti procedurali, esperibilità e rischi delle procedure.
La negoziazione sotto pena di improcedibilità non si applica: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione; b) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva (art. 696-bis cpc); c) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; d) nei procedimenti in camera di consiglio; e) nell'azione civile esercitata nel processo penale (art. 3 co. III D.L. 132/2014).
Il procedimento viene avviato con l'invito alla controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita
. L'invito, redatto per iscritto a pena di nullità, sottoscritto dalla parte personalmente con firma autenticata dal difensore, deve specificare l'oggetto della controversia con l'avvertimento che la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio, della responsabilità aggravata (art. 96 cpc) e dell'esecuzione provvisoria (art. 642 cpc).Ma cosa succede se nei trenta giorni dalla ricezione controparte rifiuta l'invito o non aderisce?
Premesso che, la comunicazione dell'invito, al pari della sottoscrizione della convenzione, sospendono il decorso del termine prescrizionale, ai sensi dell'art. 8 D.L. 132/2014: "… Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l'invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all'articolo 4, comma 1 (ndr.: 30 giorni), la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati".
In sostanza, nonostante la norma non brilli certo per chiarezza, decorso il termine dei 30 giorni, la domanda giudiziale deve essere intrapresa nell'ordinario termine decadenziale - se esistente - e, comunque, entro il termine di prescrizione.
Ciò sta a significare che il termine (di decadenza e/o prescrizione) per l'avvio dell'azione giudiziaria è quello semmai stabilito per ogni singola fattispecie in questione.
Ad esempio, per ciò che concerne i sinistri stradali, non esistendo uno specifico termine di decadenza (fortunatamente la norma di cui all'art. 8 D.L. 145/2013 - che prevedeva un termine di decadenza di 90 giorni - è stata definitivamente stralciata), dopo l'inutile decorso dei 30 giorni previsti per la negoziazione, l'azione giudiziaria deve essere intrapresa nel termine di prescrizione dei due anni, per come imposto dall'art. 2947, co. II, c.c.
Chiarito ciò, come accennavamo, chi intenda proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo, fatti salvi i crediti di lavoro, ha l'obbligo di avviare preliminarmente la procedura di negoziazione assistita.
Ma la negoziazione assistita si applica anche ai crediti professionali, in particolare a quelli degli avvocati?
La risposta affermativa ci viene fornita dal Tribunale di Verona, con un'interessante ordinanza del dott. Vaccari Massimo, emessa in data 18.06.2015.
Il caso giudiziale.
Un avvocato agisce in giudizio, nei confronti dell'ex cliente, per il pagamento delle proprie competenze relative a due attività stragiudiziali ed una giudiziale, proponendo ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (procedimento sommario di cognizione).
Il Tribunale, a scioglimento della riserva assunta, rilevato il mancato esperimento della negoziazione assistita che, com'è noto, costituisce condizione di procedibilità della domanda, "fissa alle parti il termine di quindici giorni a decorrere dalla comunicazione dell'ordinanza", per l'avvio della procedura di negoziazione assistita, ex art. 4, co. I, D.L. 132/2014.
A sostegno della propria decisione il Giudice motiva:
1) che la somma richiesta non eccede il limite di Euro 50.000,00 (ex art. 3);
2) che non trova applicazione, nel caso di specie, l'esclusione prevista per "le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori" (art. 3, co. I. D.L. 132/2014), atteso che la resistente, in quanto persona giuridica, non rientra nel novero dei cd. consumatori;
3) che l'avvocato che sta in giudizio senza il patrocinio di altro difensore, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., risulta "contemporaneamente parte e difensore", pertanto, allo stesso, non risulta applicabile la definizione di "parte che sta in giudizio personalmente", per come enucleata dall'art. 3, co. VII, D.L. 132/2014, per il quale non si applica la negoziazione assistita.
Ed infatti, afferma il Tribunale: "quest'ultima previsione deve ritenersi limitata alle cause di cui all'art. 82 comma 1, c.p.c. o a quelle di cui all'art. 14 d.lgs. 150/2011, dovendosi quindi ritenere che, qualora una delle parti scelga il rito sommario speciale previsto da quest'ultima disposizione, non occorre esperire preventivamente la procedura di negoziazione assistita".
In sostanza il riferimento è solo per quelle cause davanti al giudice di pace che non eccedono il valore di euro 1.100,00 - nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente (art. 81, co. I, c.p.c.) - ovvero quelle nelle quali l'avvocato scelga di agire ex art. 28 L. 794/42 (il rito speciale di liquidazione delle prestazioni giudiziali in materia civile), uniche ipotesi per le quali - come detto - il Tribunale ritiene non necessaria la procedura di negoziazione assistita.
Da ciò discende che, il preventivo esperimento della negoziazione assistita è obbligatorio, perché appunto condizione di procedibilità, solo qualora l'avvocato, per il recupero del proprio credito, si avvalga della procedura sommaria di cognizione prevista dall'art. 702 bis c.p.c., nei confronti del proprio cliente ma, si badi bene, solo quando questi risulti persona giuridica.
Negli altri casi di richiesta di pagamento delle competenze professionali, la negoziazione assistita non risulterebbe obbligatoria, pertanto:
1) quando il cliente è persona fisica e, quindi, consumatore;
2) dinnanzi al giudice di pace se il valore della controversia non eccede euro 1.100,00;
3) quando si opta per il rito speciale di liquidazione delle prestazioni giudiziali in materia civile, ex art. 28 L. 794/42.
Avv. Paolo Accoti
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