La I sez. Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13090/15 si è pronunciata sul tema dei crediti privilegiati e precisamente della garanzia ipotecaria.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte ha riguardato la vicenda di un istituto di credito che, a garanzia di un finanziamento concesso, iscriveva ipoteca volontaria sui beni di una società.
La società, poi ammessa alla procedura di concordato preventivo, procedeva alla cessione di ramo d'azienda nei confronti di una seconda società la quale acquisiva i beni gravati da ipoteca accollandosi il finanziamento erogato in prima battuta a favore della cedente.
L'istituto di credito precisava al liquidatore che i beni sarebbero stati liberati solo a seguito di integrale pagamento del finanziamento.
A seguito di fallimento dell'impresa cedente, la banca si insinuava al passivo "in via chirografaria sul presupposto che i beni gravati da ipoteca non fossero nella disponibilità del fallimento".
Tuttavia, durante la procedura concorsuale, veniva risolto il contratto di cessione di ramo d'azienda, ed i beni gravati da privilegio entravano a far parte della massa fallimentare.
L'istituto di credito proponeva quindi nuova domanda di insinuazione al passivo, modificativa della prima, per vedersi riconoscere un credito privilegiato sulle somme ottenute dalla vendita dei beni ipotecati.
Il Tribunale respingeva la domanda ritenendo estinta l'ipoteca per decorrenza del termine ventennale e in assenza di un rinnovo.
La decisione veniva impugnata dalla Banca dinnanzi alla competente Corte d'Appello riformava la sentenza di primo grado precisando che non si sarebbe potuta realizzare nel corso della procedura fallimentare la fattispecie estintiva dell'ipoteca quindi, qualora alla data della domanda il termine non fosse decorso, l'iscrizione sarebbe rimasta efficace per tutto il corso della procedura, compresa la fase del riparto dell'attivo.
La Corte dichiarava tuttavia l'inammissibilità della domanda tardiva della banca poiché questa si era già insinuata tempestivamente chiedendo l'ammissione del credito in via chirografaria. Secondo i giudici di merito la banca avrebbe dovuto insinuarsi dal primo momento in via privilegiata.
Giunta la disamina innanzi alla Corte di Cassazione, i giudici osservano che l'istituto di credito, in realtà, aveva effettuato una corretta insinuazione al passivo in via privilegiata ipotecaria, ma nella procedura fallimentare che aveva successivamente interessato la società acquirente dei beni gravati da ipoteca poi tornati nella disponibilità dalla massa fallimentare della cedente.
Per la Cassazione "erroneamente, dunque, la Corte di merito ha affermato che la ricorrente avrebbe potuto insinuare tempestivamente il credito in via ipotecaria, considerato che, prima della pronuncia della risoluzione della vendita, il bene gravato da ipoteca non era più nella disponibilità della società venditrice, rimasta si debitrice anche dopo l'accollo non liberatorio, ma in via chirografaria, essendo ormai il credito garantito da ipoteca iscritta su bene (divenuto, per effetto della vendita) altrui".
Per gli ermellini, il vuoto normativo può essere colmato applicando in via analogica la disciplina prevista dall'art 15 della legge 426/1975, per effetto della quale i nuovi privilegi attribuiti dalla legge "assistono anche i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, a prescindere dal tempo in cui siano stati azionati in sede concorsuale, e, quindi, anche i crediti prima chirografari, e come tali ammessi al passivo fallimentare".
Nella cornice della procedura fallimentare ciò determina "che i privilegi medesimi possono essere esercitati, pure dopo l'approvazione dello stato passivo e fino a quando il riparto non sia divenuto definitivo, anche con le forme dell'insinuazione tardiva" come avvenuto nel caso in esame in cui l'applicazione analogica è giustificata dal venir meno del trasferimento tra le parti con effetto "retroattivo" a seguito di risoluzione della vendita, comportando l'acquisizione del bene immobile alla massa attiva del fallimento.
Pertanto la Corte ha cassato la sentenza impugnata rinviando ad un nuovo esame che applichi i principi espressi in sentenza.
Lucia Izzo