Adunanza Plenaria C.d.S. n. 6/2014

Un acceso dibattito giurisprudenziale anima la "vexata quaestio"  del riparto di giurisdizione in tema di sovvenzioni pubbliche , in particolare  post revoca dell' atto concessorio  del contributo. 

Tradizionalmente il riparto di giurisdizione, tra giudice ordinario ed amministrativo avviene tenendo presente la " causa petendi", la posizione che connota l'interesse del privato in termini di interesse legittimo o diritto soggettivo. 

Normalmente  il giudice dei diritti soggettivi è quello ordinario e quello degli interessi legittimi è quello amministrativo, salvo giurisdizioni esclusive, in materie ben determinate.

Preliminarmente, in materia di contributi pubblici bisogna individuare se le norme che attribuiscono alla PA il potere di concederli, faccia residuare in capo alla  stessa  poteri discrezionali ,circa  "an,quantum e quomodo" oppure se la PA  detenga un potere  molto dettagliato, circoscritto  dalla legge istitutiva del potere e pertanto  debba solo verificare la sussistenza a o meno di determinati requisiti in capo al soggetto richiedente.

Per una parte, in verità minoritaria, della giurisprudenza (sia civile che amministrativa) l'intera materia potrebbe rientrare  nella giurisdizione del GA ai sensi  e per gli effetti dell'art. 133 c.p.a. , per un duplice ordine di fattori, una sorta di  riconducibilità ermeneutica  delle sovvenzioni pubbliche  alla categoria della  "concessione di beni pubblici" o in quella  degli accordi ex art. 11 L. 241/90 che intercorrono tra PA e privato.                                                                            


Partiamo dal caso, affatto negletto,  del rifiuto da parte della PA  di concedere un contributo richiesto, tale fase, necessariamente precede una successiva ed eventuale, di pura erogazione, ed è certamente connotata dal perseguimento e cura del pubblico interesse , per cui difficilmente  potrà  essere del tutto vincolata ai paletti posti dalla legge istitutiva del potere, seppur in misura attenuata, è plausibile sia caratterizzata da un "agere" amministrativo  discrezionale che genererà una corrispondente posizione di interesse legittimo del privato e la correlata giurisdizione del GA.

In alcuni casi, in verità residuali, però anche questa attività potrebbe essere fortemente vincolata e circoscritta, pertanto la giurisdizione  potrebbe radicarsi dinnanzi al GO, a tal riguardo non è da sottacere che  la giurisprudenza amministrativa, maggioritaria in argomento, ritiene che anche nella c.d. "attività vincolata" la PA eserciti comunque un potere amministrativo autoritativo che fa residuare, nella sfera giuridica del privato, solo una posizione di interesse legittimo.

  L'atto di secondo grado che potrebbe "demolire" il beneficio  già concesso al privato, interviene in una fase posteriore alla concessione del contributo pubblico, fase connotata dalla presenza in capo ad entrambe le parti (pubblica e privata) di obblighi, ritenuti di stampo privatistico da dottrina e giurisprudenza maggioritarie , spesso veicolati dalla presenza di un contratto, si tratta infatti di una fase meramente esecutiva. 

Pertanto se il ritiro del contributo, già concesso ed erogato,  trova  origine in un potere di natura pubblicistica, esercitato  ai fini della legittimità e della rispondenza all' interesse pubblico originariamente perseguito dall' azione amministrativa,  il privato non potrà che vantare un interesse legittimo (oppositivo), con susseguente competenza del GA,  se al contrario  in tale fase "esecutiva",  la rimozione dell'atto  non è legata  alla sua  legittimità o opportunità,  ci si trova difronte ad un diritto soggettivo che viene tutelato dal suo giudice naturale, il G.O.             

In argomento si contendono il campo tre tesi, di cui le prime due, più nette e radicali, sostengono  la giurisdizione, alternativamente  del GO  o del GA,  ancorandola unicamente alla natura dell' interesse leso "tout  court", ma risultano sia in dottrina che in giurisprudenza  minoritarie , la terza  tesi, da  sempre prevalente  presso i giudici, è stata da ultimo confermata ed esaminata proprio dall' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella decisione n. 6 del 2014, di cui si discute.

Per tale terza tesi, c.d. anche  "tradizionale", la posizione giuridica del privato sarebbe strettamente collegata alla finalità che con l'atto amministrativo di revoca o annullamento  si intende perseguire, se riguarda la legittimità o una  rivalutazione dell'opportunità dell'atto, rispetto all'iniziale interesse pubblico perseguito e non  eventuali inadempimenti del privato, si radica la giurisdizione del GA , poiché la situazione giuridica si appalesa in termini di interesse legittimo, al contrario, se tale ripensamento della PA è legato ad un inadempimento del privato, l'atto di secondo grado, assume contorni privatistici e pertanto la posizione del privato è qualificabile in termini di diritto soggettivo con giurisdizione del GO . 

Segnaliamo che tale orientamento, differenziato, in base alla finalità dell'atto di ritiro, è ormai consolidato sia nella giurisprudenza ordinaria ( ex multis Cass. N.11/2007 e 1776/2013) che amministrativa ( per tutte cfr. C.d.S.7998/2010).

Il vivace dibattito sembra giunto  ad una definitiva composizione, proprio con la decisione in commento, con cui il Collegio ha affermato "expressis verbis" che si radica sempre la giurisdizione del GO, quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge  e l'attività della PA è completamente vincolata, se la controversia riguarda una fase precedente e discrezionale di attribuzione del beneficio, o se una volta attribuito, lo stesso venga  poi revocato per questioni inerenti la legittimità o un contrasto col fine pubblico che "ab origine" intendeva perseguire e non per inadempimenti del beneficiario, allora si radicherà la competenza del GA, qualora ferma la legittimità del provvedimento amministrativo  di concessione, il  ritiro "latu sensu" costituisca solo una sorta di reazione all'inosservanza da parte del beneficiario degli obblighi dallo stesso assunti con la concessione, lo stesso avrà il carattere di un'autotutela di matrice privatistica e pertanto la posizione di diritto soggettivo del privato incardinerà la competenza del GO.                         

Nella stessa interessante pronuncia si stabilisce che non potrebbe essere richiamato a sostegno della tesi della giurisdizione esclusiva del GA l'art. 12 L. 241/90 , poiché la concessione di denaro pubblico non è equiparabile a quella di beni pubblici , appaiono fattispecie  distinte e separate, nelle finalità e negli effetti, permanenti  per la  prima e temporanei  per la seconda, anche a volerle accostare a cio' osterebbe il dettato dell' art. 133 c.I del c.p.a. che esclude dal suo ambito applicativo le controversie  su " indennità, canoni ed altri corrispettivi" .

Avv. Gilda Summaria - Altri articoli di Gilda Summaria
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