di Marina Crisafi - Da oggi si potrà dire addio alla sanatoria degli affitti in nero disposta con il c.d. "Piano casa" che aveva prorogato la possibilità di convertire la locazione irregolare in contratti a canone minimo.
La bocciatura arriva dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 169/2015 (qui sotto allegata) che ha dichiarato incostituzionale l'art. 5 comma 1-ter del d.l. n. 47/2014 che estendeva l'efficacia della sanatoria sino al 31 dicembre 2015, rinviando gli effetti della prima sentenza di incostituzionalità al 2016.
In realtà, infatti, si tratta della seconda bocciatura della Consulta, dopo quella del marzo dello scorso anno (sentenza n. 50/2014) che aveva dichiarato illegittime per eccesso di delega le norme varate dal legislatore nel 2011 che, con lo scopo di favorire l'emersione degli affitti in nero, stabilivano l'automatica conversione delle locazioni irregolari, denunciate dai conduttori, in contratti di 4 anni a canone minimo.
Ora, l'intervento della Corte si abbatte sulla proroga della sanatoria, adottata al fine di tutelare gli inquilini che, affidandosi alla legge e denunciando l'irregolarità, si erano ritrovati, di punto in bianco, passibili sia di sfratto per occupazione abusiva che di richieste di integrazione dei canoni, rispetto a quelli minimi versati.
Ma, per il giudice delle leggi, non ci sono dubbi: una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale di una norma, la stessa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. Quindi, dal momento che la norma originaria era stata dichiarata incostituzionale, la medesima sorte deve toccare alla norma successiva (la proroga) ad essa collegata.
Ciò significa che già da oggi gli affitti in nero sono banditi senza possibilità di regolarizzazione in sanatoria e per molti inquilini l'alternativa sarà pagare gli arretrati dei canoni di affitto richiesti dai locatori (pari alla differenza tra quanto inizialmente concordato in "nero" e quanto versato col canone minimo) o esporsi a procedure di sfratto.
Qui la sentenza n. 169/2015 della Corte Costituzionale