di Valeria Zeppilli - Il 23 luglio 2015 la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha depositato la sentenza numero 32514 (qui sotto allegata), con la quale ha analizzato una particolare declinazione di truffa: quella che può verificarsi in ipotesi di vendita di un immobile altrui attraverso la falsa rappresentazione della qualità di intermediario incaricato.
In particolare, si è stabilito che colui che falsamente rappresenti di operare come intermediario incaricato della vendita di un immobile altrui, esibendo un preliminare di compravendita dal quale risulti legittimato ad effettuare l'acquisto e mostrando un atto di compravendita non firmato, commette reato di truffa anche se rende chiaramente noto all'acquirente che la proprietà dell'immobile appartiene ad altri.
In tale fattispecie, infatti, non vi è un semplice inadempimento di un'obbligazione di vendita di cosa altrui, come il ricorrente in Cassazione rivendicava, ma un inadempimento realizzato attraverso artifici e raggiri, consistenti in una falsa rappresentazione della realtà.
Peraltro, nel caso di specie il falso rappresentante si era fatto consegnare la somma di circa 100.000 euro in contanti e in titoli bancari dal futuro acquirente dell'immobile e lo aveva anche più volte rassicurato circa l'effettiva conclusione dell'affare, riferendo di essere un avvocato e consegnandogli cambiali insolute a garanzia del debito e un assegno bancario di cui aveva denunciato lo smarrimento.
Nel suo comportamento correttamente la Corte ha ravvisato anche un'ipotesi di calunnia, negando decisamente la rilevanza dei soli profili civilistici prospettata dal ricorrente.
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