Ammettere la legittimità della condotta del cittadino, del resto, significherebbe permettergli di esercitare la professione di avvocato in condizioni oggettive e soggettive che, in una situazione fisiologica, non permetterebbero ad altro cittadino italiano di esercitare la medesima professione.
A chiarirlo è l'ordinanza numero 15694/2015 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, depositata lo scorso 27 luglio (qui sotto allegata).
Nel caso in esame, secondo i giudici, si va ben oltre il principio della libera mobilità dei professionisti consentita dall'Unione Europea e legittimata espressamente, con specifico riferimento alla professione di avvocato, dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea con la sentenza del 17 luglio 2014 resa nelle cause riunite C-58/13 e C-59/13.
Va quindi confermata l'esecutorietà della revoca dell'iscrizione all'albo avvenuta sulla base del fatto che l'avvocato, poi abogado, non è in possesso del requisito della "condotta irreprensibile" prescritto dall'ordinamento forense.
A fronte della natura abusiva del comportamento dell'abogado, l'istanza di sospensione della decisione del CNF è stata rigettata dalla Corte, prescindendo dalla valutazione della legittimità di un'autonoma verifica da parte del Consiglio dell'ordine circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l'iscrizione all'albo anche con riferimento alla sezione speciale degli avvocati stabiliti.
In ogni caso l'ordinanza è stata emessa in sede cautelare con la conseguenza che bisognerà attendere l'esito del giudizio per scoprire i concreti risvolti della vicenda.
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