di Valeria Zeppilli - La deroga alla disciplina sull'equo canone non può dirsi integrata solo in ragione del fatto che, nel contratto di locazione stipulato, le parti abbiano previsto una clausola di rinnovo automatico alla scadenza del quadriennio (per un ulteriore quadriennio), in caso di mancata disdetta.
Con la sentenza n. 15768 depositata il 27 luglio 2015 (qui sotto allegata), infatti, la terza sezione della Corte di Cassazione ha ribadito che la pattuizione di un canone libero di locazione, in deroga alla disciplina sull'equo canone prevista dalla legge numero 392 del 7 luglio 1978, è valida solo se il locatore rinunci alla facoltà di disdire la locazione alla prima scadenza espressamente e contestualmente alla conclusione del contratto.
In tale ipotesi, la disdetta del locatore dopo il primo quadriennio è valida esclusivamente nel caso in cui sopraggiunga una giusta causa di diniego del rinnovo, connessa all'intenzione di adibire l'immobile agli usi indicati dalla legge o di effettuarvi le opere legislativamente previste.
Mancando nel caso di specie una rinuncia della locatrice, espressa e pattuita nel contratto, di dare disdetta alla prima scadenza, a detta della Corte non può dirsi integrata una valida deroga alla legge sull'equo canone.
Resta a tal fine irrilevante, in quanto espressione generica e di certo non idonea a manifestare una volontà derogatoria, la circostanza che, sulla base del contratto, la disdetta avrebbe dovuto essere motivata secondo legge.
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