di Marina Crisafi - Il danno morale va liquidato anche nelle lesioni lievi, derivanti da sinistro stradale, ma soltanto se la sofferenza subita è stata provata e l'onere ricade sul danneggiato. Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 17209/2015, depositata oggi (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo, vittima di un incidente stradale, condannato in appello a restituire 765 euro degli oltre 2860 euro liquidati in primo grado alla compagnia assicuratrice appellante, per non aver dimostrato la sussistenza del danno morale.
L'uomo si doleva in particolare che il tribunale aveva errato nel ritenere che il danno morale non potesse essere liquidato in re ipsa e che lo stesso non avesse fornito la prova, anche in via presuntiva, dell'esistenza dello stesso.
Ma per la Corte, il tribunale ha ragione.
In caso di incidente stradale - ha affermato infatti la terza sezione civile - il danno morale, conseguente alle lesioni, va sempre provato, sia pure per presunzioni, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico patito. E ciò è tanto più vero nel caso di lesioni minori (micropermanenti), laddove non sempre vi è un ulteriore danno in termini di sofferenza da ristorare".
Per cui se, in linea di principio, il danno morale per le micropermanenti non può escludersi dal novero delle lesioni meritevoli di tutela risarcitoria, per poterlo valutare e personalizzare si deve tener conto delle lesioni subite in concreto, in conformità all'orientamento che afferma l'"autonomia ontologica" del danno morale e la necessità di un suo separato e ulteriore accertamento.
Del resto, diversamente opinando, ha aggiunto la S.C., si arriverebbe non solo "ad una incomprensibile differenziazione tra i danni di lieve entità derivanti da causa diversa da sinistro stradale, liquidati mediante ricorso al sistema tabellare equitativo, in virtù del principio di liquidazione totale del danno, e i danni da sinistro stradale che comporterebbero una minore tutela del danneggiato" ma anche a duplicazioni risarcitorie (laddove operasse un automatismo parametrato al biologico) che si tradurrebbero in una ingiusta locupletatio del danneggiato.
Ne consegue che in caso di micropermanenti deve ritenersi consentita la liquidazione del danno morale quale voce del danno non patrimoniale, in aggiunta al biologico previsto dall'art. 139 Cda, soltanto laddove il danneggiato alleghi tutte "le circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza/turbamento e la prova degli stessi, anche mediante lo strumento delle presunzioni". Ciò non è avvenuto nel caso di specie, ha concluso la Corte, posto che l'uomo si è limitato a domandare il ristoro del danno morale in aggiunta al pregiudizio biologico, omettendo di argomentare sull'incidenza della lesione patita in termini di sofferenza.
Niente da fare dunque per il danneggiato, condannato anche a pagare le spese all'assicurazione.
Cassazione, sentenza n. 17209/2015