di Valeria Zeppilli - Se è vero che chi perde in giudizio è di regola tenuto a farsi carico del pagamento delle spese legali sostenute dalla controparte, il compenso da corrispondere è tuttavia quello per un solo avvocato.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17215 depositata il 27 agosto 2015 (qui sotto allegata).
Nel caso analizzato, i due "vincitori" avevano un'analoga posizione processuale e si erano fatti assistere da un medesimo legale.
I giudici, alla luce di ciò, hanno ritenuto che, secondo quanto previsto dagli articoli 4 e 8 del d.m. n. 55/2014, parte soccombente è tenuta a pagare un compenso unico, sebbene maggiorato secondo la percentuale individuata dal decreto stesso, senza che a nulla rilevino il fatto che l'avvocato abbia provveduto a depositare atti difensivi distinti (anche in ragione del fatto che li stessi avevano contenuto pressoché identico) e la circostanza che i due assistiti avevano nominato anche un altro legale ciascuno.
La Suprema Corte, infatti, ha sottolineato che il soccombente, in conformità al principio della non debenza delle spese superflue, va caricato degli onorari solo "nella misura della più concentrata attività difensiva quanto a numero di avvocati, rimettendo poi il resto a carico del cliente rappresentato".
Attenzione quindi a ponderare bene tutte le variabili nella scelta di come farsi assistere.
Cassazione civile, testo sentenza n. 17215/2015