di Lucia Izzo - La verifica della diligenza dell'avvocato nell'espletamento dell'obbligazione - che, di regola, è di mezzi e non di risultato - va compiuta attraverso un giudizio prognostico circa l'attività esigibile astrattamente dal legale tenendo conto della adozione di quei mezzi difensivi che, al momento del conferimento dell'incarico professionale e, quindi, della instaurazione del giudizio, dovevano apparire funzionali alla migliore tutela dell'interesse della parte dal medesimo difesa.
Lo ha stabilito la II sez. Civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 17758/2015 (qui sotto allegata).
Il caso in esame riguarda la richiesta di decreto ingiuntivo presentata da un avvocato nei confronti del cliente per ottenere il pagamento di prestazioni professionali rese in una causa di risarcimento danno.
Il cliente proponeva opposizione deducendo l'imperizia e la negligenza del patrocinatore che, omettendo di far valere la responsabilità per mala gestio della compagnia assicurativa del danneggiante, provocava un'evidente riduzione della somma da lui ottenuta a titolo risarcitorio.
Il Tribunale confermava il decreto ingiuntivo, mentre la Corte d'Appello competente provvedeva a revocarlo ritenendo sussistente la responsabilità professionale ascritta all'avvocato, liquidava il danno in via equitativa e condannava la società assicuratrice dell'avvocato a manlevarlo e tenerlo indenne.
Il giudice di seconde cure ravvisava nella negligenza eziologicamente rilevante dell'avvocato, il presupposto di un danno da perdita di chance, suscettibile di valutazione economica e immediata sia pure nella dimensione quantitativa, poiché la domanda di mala gestio sarebbe stata ragionevolmente dotata di opportunità di successo.
Nei motivi prospettati, il ricorrente contesta la ricostruzione dei giudici di merito poiché il creditore che avrebbe voluto ottenere il danno da perdita di chance, avrebbe avuto l'onere di provare i presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita, situazione non verificatasi nel caso di specie in quanto il cliente avrebbe dovuto formulare apposita domanda con allegazione degli elementi fondati la pretesa.
In aggiunta, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver proceduto all'accertamento e alla liquidazione del danno in via equitativa senza che le parti avessero formulato richiesta al riguardo; inoltre, ritiene la pronuncia contraddittoria circa la declaratoria di negligenza del professionista, in quanto la mancata proposizione della domanda di mala gestio non avrebbe cagionato alcun danno al cliente se costui si fosse premurato di agire in sede esecutiva contro il responsabile del sinistro.
Gli Ermellini ritengono prive di fondamento le doglianze del procuratore.
Dall'esame degli atti processuale, infatti, si dimostra che l'ipotesi della perdita di chance formulata dai giudici qualifica correttamente la fattispecie concreta dedotta in giudizio, essendosi i Giudici limitati ad inquadrare i fatti posti a base della domanda nella norma applicabile secondo il principio iura novit curia.
Inoltre, il ricorso al criterio equitativo per liquidare il danno è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito anche senza la domanda di parte, qualora la determinazione del danno sia impossibile o particolarmente difficoltosa (cfr. Cass., n. 13558/2003).
Difatti, la Corte d'Appello aveva anche in tal senso operato operato una riduzione percentuale che teneva conto della pur ridotte possibilità di insuccesso dell'iniziativa giudiziaria trascurata.
I giudici di Piazza Cavour precisano, infine, che la diligenza dell'avvocato nello svolgimento della propria prestazione professionale, va verificata attraversi un giudizio prognostico in considerazione di quanto possa astrattamente essere da costui esigibile e degli strumenti difensivi adottabili funzionali ama migliore tutela del cliente
Fondata, invece, la manleva nei confronti della compagnia assicurativa che dovrà risarcire all'avvocato anche le spese processuali del doppio grado di giudizio che era stato condannato a corrispondere.
Cass., II sez. Civ., sent. 17758/2015