di Valeria Zeppilli - Come noto, quando gli avvocati commettono un illecito disciplinare, scattano le pretese punitive del Consiglio dell'ordine forense di appartenenza. Però attenzione: la sanzione va applicata entro cinque anni.
Le pretese punitive, infatti, come affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 18077/2015, depositata il 15 settembre (qui sotto allegata), hanno natura di diritto soggettivo potestativo, soggetto a prescrizione, nonostante la natura pubblicistica.
L'articolo 51 del r.d.l. n. 1578/1933, applicabile al caso di specie, prevede, del resto, un termine quinquennale di prescrizione che delimita nel tempo l'inizio dell'azione disciplinare e garantisce anche il rispetto dell'esigenza di non protrarre all'infinito il tempo dell'irrogabilità della sanzione: al procedimento amministrativo di inflizione della sanzione, infatti, non si applica la regola dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione sancito dall'articolo 2945 del codice civile, ma l'interruzione ad effetto istantaneo di cui al precedente articolo 2943, con la conseguenza che anche i successivi atti compiuti dal titolare dell'azione disciplinare in pendenza del relativo procedimento hanno idoneità interruttiva.
Alla luce di tali premesse i giudici hanno quindi accolto il ricorso presentato da un avvocato avverso la decisione del consiglio nazionale forense e condiviso le sue pretese di veder riconosciuto l'annullamento del provvedimento disciplinare irrogatogli dal Consiglio dell'ordine di appartenenza.
Dalla sentenza impugnata, infatti, emerge che l'azione disciplinare è iniziata il 12 marzo 2007 e la decisione, nonostante rechi la data del 9 gennaio 2008, è stata notificata solo il 22 ottobre 2012: tra l'inizio del procedimento disciplinare e il deposito della decisione risulta quindi trascorso il termine quinquennale di prescrizione.
Corte di cassazione testo sentenza n. 18077/2015