di Marina Crisafi - Il cliente non può pagare all'avvocato i compensi al netto di Iva e Cpa, perché sia l'imposta che il contributo previdenziale sono oneri accessori dovuti per legge dall'assistito al professionista.
Lo ha ribadito la seconda sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 22074/2015, depositata il 28 ottobre scorso (qui sotto allegata), accogliendo le doglianze di un avvocato che trascinava in giudizio due ex clienti per ottenere il pagamento di parcelle per oltre 130mila euro, oltre Iva e Cpa, per l'attività professionale espletata in loro favore in diversi procedimenti.
Le due clienti sostenevano di aver già corrisposto al legale una somma sì inferiore (circa 53mila euro) a quella richiesta ma che doveva ritenersi "interamente satisfattiva" in relazione al tipo di causa e al valore della controversia.
E i giudici di merito davano loro ragione. Ma gli Ermellini non la pensano allo stesso modo.
Accogliendo (sul punto) la tesi del legale, da piazza Cavour hanno affermato infatti che "in base agli art. 17 e 18 d.p.r. 633-1972, qualsiasi professionista che abbia prestato la propria opera al cliente deve corrispondere all'erario il tributo sull'onorario spettantegli, ed è obbligato a rivalersene nei confronti del medesimo cliente.
Quest'ultimo, pertanto, nell'avvalersi, per la tutela delle proprie ragioni, di un difensore tecnico, instaura un rapporto di prestazione d'opera professionale in base al quale è tenuto non solo a corrispondergli gli onorari, ma anche a rivalerlo dell'IVA fatturata nella parcella e versata all'erario".
Quanto alla Cpa, allo stesso modo, hanno proseguito i giudici, "all'avvocato che renda prestazioni professionali in favore dei propri clienti, è dovuto il rimborso del contributo integrativo da versare alla Cassa degli Avvocati, ai sensi dell'art. 11 della legge 20-9-1980 n. 576".
Sia l'imposta sul valore aggiunto che il contributo previdenziale, pertanto, costituiscono oneri accessori dovuti per legge dal cliente al professionista, nella misura determinabile pro tempore.
Nel caso di specie, il giudice di merito ha sbagliato nel ritenere esaustiva la somma determinata sulla base delle "bozze" di note spese redatte dalle stesse clienti, in quanto non ha considerato che tale somma era al netto delle maggiorazioni dovute per Iva e Cpa, che, quindi, sono dovute nella misura di legge temporalmente in vigore.
Cassazione, sentenza n. 22074/2015