di Marina Crisafi - Non solo ha fatto mancare il mantenimento alla figlia, ma cosa ancor più grave si è dimesso per ben due volte dal lavoro, macchiandosi di una condotta inevitabilmente sanzionabile ex art. 570 c.p. A stabilirlo è la Cassazione, con la sentenza n. 44683/2015 depositata poche ore fa (qui sotto allegata(, rigettando il ricorso di un uomo che ricorreva avverso la decisione della corte d'appello di Palermo di conferma della condanna per il reato di violazione degli obblighi familiari, rideterminando la pena e condannandolo anche al risarcimento del danno nei confronti della moglie.
A nulla rileva la difesa dell'uomo che sosteneva che la moglie e la sua famiglia d'origine avessero i mezzi per provvedere "autonomamente all'intero sostentamento in supplenza dell'obbligo violato" dallo stesso. Né le saltuari regalie da parte dell'imputato, in quanto "l'adempimento dell'obbligo si concretizza, infatti, solo nel mettere a disposizione del genitore in concreto affidatario il proprio contributo indispensabile per fronteggiare le quotidiane permanenti essenziali esigenze di vita del minore". Ancora, ha affermato la S.C., diversamente da quanto dedotto dal padre e per consolidata giurisprudenza di legittimità, "lo stato di bisogno dei minore è presunto, salvo i casi in cui egli abbia personali autonome risorse economiche o finanziarie sufficienti in grado di permettere a chi ne ha il contingente affidamento l'utilizzazione finalizzata all'autonomo sostentamento".
Quanto alla particolare tenuità del fatto, è impensabile per il Palazzaccio poterne richiedere l'applicazione sulla base del modesto "peso" economico dell'obbligo previsto a carico del padre.
Non solo costui ha deliberatamente ignorato il proprio dovere, disinteressandosi completamente della figlia e ponendo in essere "una condotta consapevolmente colposa e protrattasi per lungo tempo e con sottrazione totale all'obbligo pur dal contenuto modesto", per di più si è dimesso volontariamente da due attività lavorative. Tutto ciò è all'evidenza ostativo, ha concluso la S.C., alla configurabilità della fattispecie di speciale tenuità. Per cui, ricorso rigettato e padre condannato anche al pagamento delle spese processuali.
Cassazione, sentenza n. 44683/2015