di Marina Crisafi - E' guerra contro i "bamboccioni" anche da parte dei giudici di merito. Se i figli sono ultratrentenni e per di più titolari di altro immobile, non vi è ragione perché la casa coniugale continui ad essere assegnata a loro e al genitore convivente. Anzi è da ritenersi superato quel ragionevole limite di tempo e di misura che ha giustificato l'assegnazione e la casa deve tornare all'altro genitore esclusivo proprietario.
Lo ha ribadito la Corte d'Appello di Taranto con la recente sentenza n. 203/2015 (qui sotto allegata), rigettando l'appello proposto da ex coniuge e figli avverso l'ordinanza con cui il tribunale li aveva condannati all'immediato rilascio dell'immobile, precedentemente adibito a casa coniugale, in favore del legittimo proprietario.
Richiamando i principi consolidati in giurisprudenza di legittimità, il giudice pugliese ha infatti sottolineato che "nell'ipotesi di immobile di esclusiva proprietà di un coniuge, allorché venga disposta la revoca dell'assegnazione dell'immobile all'altro coniuge, deve necessariamente conseguire la restituzione dell'immobile all'avente diritto".
Del resto, ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all'assegnazione della casa coniugale, la stessa Suprema Corte ha affermato (cfr. Cass. n. 18076/2014) che "il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l'assegnazione dell'immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni".
E nella vicenda, i figli rispettivamente di 35 e 31 anni, non solo non hanno provato il loro stato di disoccupazione ma sono anche proprietari di un appartamento, donato loro dalla nonna paterna.
Per cui appello rigettato e ordinanza confermata: ex e figli, pertanto, dovranno rassegnarsi a liberare la casa!
Corte d'appello Taranto, sentenza n. 203/2015