di Lucia Izzo - Colui che vuole ottenere il risarcimento ex art. 96 c.p.c., deve dimostrare di aver subito un concreto pregiudizio.
In mancanza di tale prova, di nessuna tutela risarcitoria potrà avvalersi il cittadino a causa del giudizio intentato contro Equitalia per ottenere l'annullamento del fermo amministrativo illegittimamente emesso per un veicolo di sua proprietà.
Inoltre, l'esattore avrebbe dovuto impugnare la decisione del Giudice di Pace di cancellazione del fermo amministrativo non con ricorso in Cassazione, ma con l'appello.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 23502/2015 (qui sotto allegata) provvedendo al rigetto del ricorso sia del cittadino che dell'esattore.
L'uomo aveva evidenziato di aver ricevuto comunicazione di avvenuto fermo del proprio veicolo ex art. 86 d.p.r. n. 602/1973, a garanzia di un presunto credito preteso a titolo di sanzioni amministrative per asserite infrazioni al codice della strada.
Il giudice di pace, aveva evidenziato l'illegittimo operato di Equitalia poiché non vi era prova che le cartelle esattoriali fossero state debitamente notificate al cittadino, né tale prova emergeva dalla parziale documentazione prodotta in giudizio.
Gli Ermellini, precisano che il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura non già di atto di espropriazione forzata, ma di procedura a questa alternativa, trattandosi di misura puramente afflittiva volta a indurre il debitore all'adempimento, sicché la sua impugnativa, sostanziandosi in un'azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore (cfr. Cass. SS.UU. ord. 15354/15).
Sarebbe dovuto essere dunque esperito, avverso la sentenza del giudice di pace, il rimedio dell'appello.
Neppure, proseguono i giudici, può accogliersi la richiesta di risarcimento ex art. 96 c.p.c. avanzata dal cittadino che non ha fornito alcuna dimostrazione relativamente all'an del pregiudizio che assume di aver sofferto e di cui ha invocato il ristoro.
La norma presuppone l'accertamento sia dell'elemento soggettivo dell'illecito (mala fede o colpa grave) sia dell'elemento oggettivo (danno sofferto): se non risultano elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi.
Inammissibili ricorso e controricorso, compensate le spese del giudizio.
Cassazione, sentenza n. 23502/2015