di Marina Crisafi - Non può considerarsi ubriaco l'automobilista che rifiuta l'alcoltest, per cui allo stesso non può addebitarsi l'aggravante di aver causato l'incidente stradale prevista, invece, per il reato di guida in stato di ebbrezza dall'art. 186, comma 2-bis, del codice della strada.
Lo hanno affermato le sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza n. 46625/2015, depositata oggi (qui sotto allegata), motivando la decisione dei giorni scorsi resa nota con l'informazione provvisoria n. 21/2015 (leggi: Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest non sempre si applicano le conseguenze accessorie tipiche della guida in stato di ebbrezza") e rigettando il ricorso del procuratore della repubblica, avverso la sentenza del gip di Macerata che, ritenendo non compiutamente dimostrato lo stato di ebbrezza di un conducente che aveva procurato un sinistro stradale, aveva sostituito la pena con i lavori di pubblica utilità.
Il procuratore chiedeva a gran voce l'applicabilità dell'aggravante ex art. 186, comma 2-bis, cds, erroneamente esclusa dal gip, osservando come la stessa risponderebbe ad una "logica di chiusura del sistema ad una improvvida premialità per l'atteggiamento di resistenza del conducente all'accertamento dello stato di ebbrezza, premialità che ingiustamente verrebbe riconosciuta all'autore del fatto, ove si accedesse a diversa soluzione interpretativa".
Della questione venivano investite dunque le Sezioni unite penali per stabilire se "la circostanza aggravante prevista dall'art. 186 comma 2-bis Cds in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza sia applicabile anche al rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza di cui all'art. 186, comma 7, Cds".
Ma gli Ermellini, pur prendendo atto del contrasto sussistente nell'ambito della giurisprudenza di legittimità, hanno affermato che dal confronto delle norme, emerge in maniera evidente la diversità ontologica tra il concetto di conducente in stato di ebbrezza, che è elemento costitutivo dell'aggravante, e quello di conducente che si rifiuti di sottoporsi all'accertamento di tale stato.
In quest'ultimo caso, infatti, è "implicita la mancanza, almeno nel momento perfezionativo del reato di un accertamento dello stato di ebbrezza e dunque del presupposto necessario perché possa definirsi il soggetto attivo del reato come conducente in stato di ebbrezza, come tale al contempo passibile di incorrere nell'aggravante descritta ove abbia provocato un incidente, essendo per l'appunto sanzionata la condotta di colui che si rifiuta di sottoporsi ad un tale accertamento".
Diversità ontologica che per il Palazzaccio emerge dallo stesso dato testuale tra i due concetti -conducente in stato di ebbrezza e conducente che si rifiuta di sottoporsi all'accertamento - integrando il secondo un reato "di natura istantanea" che si perfeziona con il rifiuto dell'interessato e dunque "nel momento in cui l'agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all'accertamento di tale stato mentre risulta estraneo ogni accertamento dello stato di ebbrezza".
Non è un caso, inoltre, spiegano i giudici che nel comma 7 dell'art. 186 manchi un riferimento esplicito al comma 2-bis, soprattutto dopo le recenti novelle normative (cfr. legge n. 120/2010), il che esclude che si tratti di un mero difetto di coordinamento, conducendo invece a far ritenere che la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza.
Per cui, il ricorso va rigettato, ha concluso la S.C., affermando il seguente principio di diritto: "la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza".
Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 46625/2015