di Lucia Izzo - Il contrasto giurisprudenziale sulla materia del contendere giustifica la compensazione delle spese di lite da parte del giudice: la sussistenza di orientamenti non univoci sulle questioni di cui è causa, integra le "gravi ed eccezionali ragioni" in presenza delle quali l'art. 92, secondo comma, c.p.c. (nella sua formulazione ratione temporis applicabile) giustifica la deroga alla regola della soccombenza.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 24489/2015 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso proposto avverso la pronuncia del Tribunale volta a compensare le spese di giudizio per la sussistenza di "opportuni motivi".
La decisione impugnata, confermando quanto stabilito dal Giudice di Pace in prime cure, ha individuato siffatti "opportuni motivi" di compensazione nella circostanza che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare la domanda attorea inammissibile, avendo l'attore impugnato un estratto di ruolo.
Le doglianze del ricorrente, tese a censurare l'operato del Tribunale che avrebbe erroneamente disatteso l'oggetto del giudizio di gravame vertente unicamente sull'esistenza o meno dei giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, non convincono i giudici del Palazzaccio.
Nel caso di specie, rammentano i giudici, va applicato l'art. 92, secondo comma, c.p.c. come modificato dalla L. n. 69 del 2009 (oggi nuovamente riformato ad opera del D.L. 12 settembre 2014, n. 132) a norma del quale "Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti".
Tale norma, nel testo applicabile ratione temporis, risulta violata "quando il giudice non fornisce alcuna specificazione delle ragioni di compensazione (o la stessa risulti apparente), ovvero quando sia censurabile il giudizio espresso dal giudice di merito sulla gravità ed eccezionalità delle ragioni poste a fondamento della decisione di compensazione".
La Cassazione evidenzia che la norma, come delineata nella sua formulazione applicabile al caso in esame, rappresenta una norma elastica, una clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito.
Tale giudizio è censurabile in sede di legittimità, ma nel caso in esame il Tribunale ha validamente giustificato la propria motivazione circa la compensazione delle spese considerando la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale circa l'ammissibilità o meno dell'impugnazione degli estratti di ruolo.
Tale motivazione appare idonea a integrare "grave ed eccezionale ragione per la compensazione delle spese" e non viola l'art. 92 c.p.c. nel testo su richiamato.
Rigettato il ricorso, nulla sulle spese nonostante al ricorrente sia dovuto il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002.
Cass., sesta sezione civile, ord. 24489/2015