di Marina Crisafi - Se a parcheggiar male, bloccando le altre auto, si rischia di incorrere nel reato di violenza privata (leggi: Commette reato chi parcheggia bloccando altre auto. Parola di Cassazione!), sostare davanti alla porta di casa altrui, senza lasciare una via di fuga sicura, può integrare il delitto di sequestro di persona.
A stabilirlo è la Cassazione, con la sentenza n. 50133/2015 pubblicata oggi (qui sotto allegata) annullando con rinvio la sentenza di assoluzione pronunciata dal Gip presso il tribunale di Rimini, nei confronti del proprietario di un immobile, che aveva bloccato il vialetto d'accesso alla casa dell'inquilino moroso, con un muletto e due macchine aratrici, minacciando di rimuoverle soltanto quando questi avrebbe saldato il debito.
Peccato però che a restare "prigionieri" nell'immobile erano i figli minori del conduttore. E per il procuratore della repubblica, la sentenza di assoluzione dall'accusa di sequestro di persona è troppo sbrigativa in quanto non ha tenuto conto che al momento dei fatti il conduttore e la moglie si trovavano all'esterno dell'abitazione e in procinto di farvi ritorno mentre all'interno erano rimasti bloccati i figli minori, senza contare che l'esistenza di un accesso secondario alla casa non era neanche stata provata non essendo lo stesso individuabile dalle fotografie prodotte dalla difesa e comunque non essendo dimostrata la sua utilizzabilità.
La quinta sezione penale gli dà ragione e accoglie il ricorso.
Per il Palazzaccio, infatti, non conta che l'inquilino avrebbe potuto rincasare, come sostenuto dalla difesa, utilizzando l'eventuale ingresso secondario, in quanto la sentenza non ha assolutamente valutato se ed in quale misura il posizionamento dei mezzi innanzi all'ingresso dell'abitazione consentisse una possibilità di uscita ai minori bloccati. E il delitto ex art. 605 c.p. peraltro non richiede per la sua configurabilità "l'assoluta costrizione della vittima, essendo sufficiente che alla stessa sia lasciata un'opportunità di fuga percorribile solo in modi che possano essere scoraggiati dal timore di danni o pericoli per la persona". Parola dunque al giudice del rinvio.
Cassazione, sentenza n. 50133/2015