Avv. Francesco Pandolfi - Facciamo un pò di luce sull'istituto della "legittimazione a ricorrere" in materia di permesso di costruire.
Il caso
Alcuni comproprietari di una civile abitazione, trovandosi a confine con un immobile interessato da un intervento edilizio di ristrutturazione e di recupero del sottotetto (assentito con apposito permesso di costruire) lo impugnano, sostenendo che numerosi sarebbero i vizi per i quali meriterebbe l'annullamento; nello specifico:
a) l'amministrazione avrebbe permesso il recupero di un sottotetto prima inesistente;
b) avrebbe permesso un aumento volumetrico;
c) il progetto avrebbe determinato un aumento del "peso insediativo" in assenza di una sorta di compensazione con dotazioni o monetizzazione;
d) il progetto avrebbe infine violato le distanze tra abitazioni, oltre che le altezze previste per il sottotetto.
La soluzione data dal Tar
Premettendo l'eterogeneità del quadro giurisprudenziale di riferimento in questa materia, affinché il ricorrente si possa ritenere legittimato ad agire in giudizio occorrerà che i pregiudizi da lui lamentati superino il semplice dato della "vicinanza" tra manufatti.
In altri termini: il giudice cercherà e selezionarà solo la posizione giuridica protetta dall'Ordinamento, non tutte le possibili posizioni di chi astrattamente potrebbe ricorrere.
Impostato così il problema, ne conseguirà che la legittimazione potrà aversi in tutti i casi nei quali la modifica del preesistente assetto edilizio debba ritenersi "icto oculi", cioè sia di tale evidenza da pregiudicare visibilmente il paesaggio, l'urbanistica e così via (Tar Milano, sentenza n. 1081 del 4 maggio 2015).
Consigli pratici
Attenzione a fondare il ricorso solo sul "rapporto di prossimità" tra edifici.
Il ricorso dovrà invece mettere bene in evidenza i danni e/o le potenziali lesioni ricollegabili alla struttura in contestazione.
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