di Lucia Izzo - Va condannato per rapina colui che strappa la borsa all'anziana in bicicletta, responsabile altresì per lesioni in quanto la donna era stata preda di un malore dopo aver tentato l'inseguimento.
Tanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, seconda sezione penale, n. 50295/2015 (qui sotto allegata), pubblicata il 22 dicembre 2015.
Dinnanzi ai giudici ricorre un uomo ritenuto colpevole del delitto di rapida e lesioni a danno di un'anziana, per essersi impossessato della borsa che la donna portava nel cestino della sua bicicletta e per averle provocato uno scompenso cardiaco.
Il ricorrente avanza due motivi a sua difesa: in primo luogo l'uomo sostiene che nella condotta tenuta sarebbe ravvisabile il solo furto con strappo e non la rapina in quanto nessuna violenza era stata esercitata sulla persona; in secondo luogo, l'imputato ritiene che la malattia riconosciuta alla parte offesa non fosse ricollegabile sotto il profilo eziologico alla condotta da lui tenuta, ma alla sola parte offesa che, nonostante l'età (anni 70) aveva tentato di inseguirlo.
Censure complessivamente infondate secondo i giudici di Piazza Cavour.
Infatti, da quanto emerso in seconde cure è apparso evidente che il giovane aveva affiancato e spintonato la persona offesa per impossessarsi della borsa che era custodita nel cestino porta oggetti anteriore.
L'anziana aveva evitato la caduta solo per la sua prontezza di riflessi, controbilanciano il veicolo con un opposto movimento.
Quindi, la condotta tenuta dal ricorrente "era rivolta contro la persona fisica al fine di annullarne la capacità di reazione".
Gli Ermellini precisano che "si ha rapina quando la violenza viene rivolta contro la persona", proprio come avvenuto nella fattispecie in esame in cui l'imputato, prima spintonò la donna (con il chiaro intento di farla cadere) e, poi, s'impossessò della borsa.
Per quanto riguarda la patologia riscontrata dall'anziana a seguito della rapina, questa va ritenuta una malattia ai sensi dell'art. 582 c.p., "perché è da ricollegare alla condotta dell'imputato e non può certo essere addebitata, secondo la singolare tesi difensiva, alla stessa parte offesa che aveva solo tentato di inseguire il rapinatore".
In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile
Cass., II sez. penale, sent. 50295/2015