di Marina Crisafi - L'assicurazione che anziché risarcire il danno alla vittima di incidente stradale, prende tempo scegliendo di resistere in giudizio pur non avendo elementi in mano, rischia di pagare il quadruplo per lite temeraria. Così, il tribunale di Tivoli, con una recente sentenza che può definirsi "esemplare" (la n. 2428/2015, qui sotto allegata) ha condannato le compagnie assicurative dei veicoli responsabili di un incidente a danno di un giovane trentenne al pagamento delle spese aggravate, ex art. 96, ultimo comma, c.p.c., per un importo pari al quadruplo delle spese processuali, già liquidate (nelle mani dell'avvocato antistatario) nella misura massima di 25mila euro.
Nella vicenda, il danneggiato, mentre attraversava a piedi una via cittadina in un tratto privo di strisce pedonali veniva investito da una macchina proveniente ad alta velocità. Subentrava da tergo una seconda autovettura che, a seguito della brusca frenata, tamponava la prima, spingendola a salire sulla vittima con la scocca.
Per il danno riportato, debitamente documentato dalla Ctu, al ragazzo (che si sottoponeva a diversi interventi chirurgici e ad una lunga riabilitazione) venivano liquidati oltre 213mila euro con personalizzazione massima.
Quanto alla responsabilità per il tribunale, la causa del sinistro era da addebitare per il 95% alla prima autovettura per la velocità "certamente non adeguata alla situazione di assenza di illuminazione" e solo in via marginale (il 5%) al veicolo sopraggiunto.
Ma non solo. Il giudice ha condannato entrambe le compagnie assicurative "al pagamento delle spese aggravate per lite temeraria, in quanto è evidente che hanno resistito in giudizio senza aver liquidato il danno che - stanti le competenze delle assicurazioni - era certamente ben noto alle parti", enfatizzando invece "elementi del tutto trascurabili o addirittura equivoci", per di più nei confronti di uno straniero senza fissa dimora, il cui status "è notoriamente elemento che gioca a sfavore della vittima, come certamente noto alle compagnie assicuratrici, che difficilmente avrà accesso alla giustizia".
Per questi motivi, il tribunale ha ritenuto equo condannare "ogni compagnia assicuratrice a pagare una somma pari al quadruplo delle spese legali, in favore di parte attrice ex art. 96 u.c. c.p.c.". Del resto, l'istituto delle spese aggravate, ha proseguito il giudice, è finalizzato "a disincentivare le cause defatigatorie e strumentali e deve essere parametrato alla capacità ed alla forza giuridica della parte ed alla posizione di vantaggio che parte colposamente resistente vanta nel confronti dell'avente ragione" E in questo senso non può sottacersi, ha puntualizzato il tribunale, "l'esistenza di un enorme contenzioso (che rallenta ulteriormente la giustizia) che vede soccombenti le compagnie assicuratrici e che è generato da intenti defatigatori delle compagnie assicuratrici stesse, nel palese tentativo di indurre le parti ad accettare somme inferiori al dovuto in tempi brevi o, al contrario, dover sottostare ai lunghi tempi della giustizia e, non da ultimo, al rischio di errori processuali».
Comportamenti ha concluso il giudice di Tivoli che non possono certo essere tollerati, in quanto ciò "si tradurrebbe, inevitabilmente, in un vantaggio economico che, in un'ottica imprenditoriale, è destinato sempre e comunque ad alimentare il contenzioso, stanti gli evidenti vantaggi che per l'impresa assicurativa ne derivano".
Per cui, assicurazioni condannate a pagare una somma pari a quattro volte le spese legali, che, ricorda in ultimo il giudice, "non essendo tecnicamente una spesa processuale, compete direttamente alla parte e non al difensore".
Tribunale Tivoli, sentenza n. 2428/2015