di Lucia Izzo - Responsabile la struttura sanitaria quanto l'intervento è eseguito oltre il "timing ottimale" che avrebbe potuto ridurre o impedire i postumi invalidanti del paziente.
Gioca un ruolo decisivo l'individuazione dal cd. "punto zero" (vale a dire l'inizio della sintomatologia) per quanto riguarda l'individuazione della responsabilità, insieme ad altri elementi come la chiarezza della sintomatologia al momento del ricovero, ritardo dell'iter diagnostico e del successivo intervento.
Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione III civile, nella sentenza n. 768/2016 (qui sotto allegata) che si è pronunciata su una questione di risarcimento danni conseguenti ad errata e/o negligente prestazione sanitaria.
La USSL in liquidazione ricorre dinanzi agli Ermellini contro la sentenza resa dalla competente Corte d'Appello che, rilevando il nesso causale tra il ritardo nell'effettuazione dell'intervento di erniectomia praticato a una donna in ospedale e gli accertati postumi invalidanti, l'aveva condannata al risarcimento danni per oltre 150mila euro, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Lamenta la struttura che non sarebbe stato possibile affermare che l'opera dei medici, se fosse stata correttamente e prontamente eseguita, avrebbe avuto serie e apprezzabili probabilità di successo.
Di contrario avviso gli Ermellini che valutano corrette le deduzioni operate dal CTU in sede di merito il quale, "pur evidenziando l'impossibilità di accertare con esattezza il grado di emenda della situazione menomativa riscontrata sulla persona" laddove l'intervento chirurgico fosse stato tempestivo, aveva altresì sottolineato che, in caso di intervento entro le 24 h. dal c.d. punto zero, la probabilità di postumi invalidanti si sarebbe attestata su una percentuale del 30%.
Da ciò deriva che il tempestivo intervento, sulla scorta della percentuale residua del 70%, avrebbe portato ad una elevata probabilità di pervenire ad una guarigione totale, del tutto esente da postumi.
Il Collegio evidenzia che l'inadempimento rilevante nell'ambito dell'azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. "di comportamento" non è qualunque inadempimento, ma solo quello, per così dire, "vestito", e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.
Correttamente i giudici del gravame hanno non solo "dato conto della frequenza statistica dell'eventuale esito negativo in caso di intervento eseguito in emergenza chirurgica o anche solo nelle 24 ore", ma hanno "verificato tutte le circostanze del caso concreto (individuazione del cd. 'punto zero', chiarezza della sintomatologia sin dal momento del ricovero, ritardo nell'iter diagnostico e nel conseguente intervento chirurgico)".
In tal modo si è raggiunto il convincimento che l'intervento, nel caso di specie, fu eseguito più di 48h. dopo il ricovero e quindi ben oltre il "timing ottimale", con la conseguenza che alla donna "risultava essere stata negato l'accesso a quella 'elevata probabilità' di guarigione del tutto esente da postumi, che, in caso di tempestivo intervento, avrebbe avuto".
In definitiva i fatti rilevanti ai fini della conclusione della sussistenza di nesso causale (da apprezzarsi, appunto, come grado di probabilità logica) tra il comportamento omissivo della struttura sanitaria e l'evento, risultano ampiamente esposti e le conclusioni assunte risultano del tutto in linea con i principi giurisprudenziali.
Il ricorso è stato rigettato.
Cassazione, III sez. civile, sent. 768/2016