di Lucia Izzo - Una veranda non autorizzata può danneggiare l'estetica e il decoro architettonico dello stabile, anche se non è posizionata sulla facciata principale dell'edificio ma nel cortile interno.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, II sezione civile, nella sentenza n. 1718/2016 (qui sotto allegata), decidendo sulla domanda di rimozione delle verande avanzata da due coniugi (con il marito deceduto nelle more).
La Corte d'Appello aveva escluso che le verande realizzate da altra coppia, visibili dal cortile interno dello stabile condominiale, alterassero il decoro architettonico dell'edificio, condividendo la valutazione del primo giudice, secondo cui non vi sarebbe lesione, in quanto esse non sono poste sula facciata principale dell'edificio condominiale.
Il ricorso censura tale decisione, rilevando che l'alterazione del decoro può riguardare anche una facciata interna e che sarebbe da riguardare con attenzione nel caso, come quello in esame, in cui la facciata intaccata riguarderebbe "la maggior parte dell'appartamento dei ricorrenti", il cui decoro sarebbe quindi "compromesso per intero".
Per gli Ermellini la doglianza è pienamente fondata.
Il fatto che nel precedente citato dalla Corte di appello (Cass. 1297/98) sia stato "escluso il carattere lesivo di una veranda realizzata da un condomino sulla terrazza a livello del proprio appartamento nella parte retrostante del fabbricato", non implica che sempre e in ogni caso sia legittima la creazione di verande in corrispondenza di facciate interne.
Anzi, la stessa sentenza citata e le successive hanno rimesso al giudice di merito il compito di stabilire volta per volta se in concreto ricorra il denunciato danno all'aspetto della facciata, esterna o interna che sia, "ditalchè non costituisce motivazione appagante limitarsi a rilevare che trattasi di facciata interna".
Il Collegio rammenta che, anche di recente, pronunce relative a facciate interne abbiano affermato che per "decoro architettonico del fabbricato", ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., debba "intendersi l'estetica dell'edificio, costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico",
Parola al giudice del rinvio per valutare se nel caso di specie ricorra o meno il danno "estetico" lamentato dai ricorrenti.
Cass., II sez. civile, sent. 1718/2016