Ad averlo chiarito, in particolare, è stata la sentenza numero 1863/2016 depositata dalla prima sezione civile della Corte di cassazione lo scorso primo febbraio (qui sotto allegata).
Per i giudici, infatti, la richiesta di corresponsione dell'assegno divorzile, di cui all'articolo 5 della legge sul divorzio, è oggetto di una domanda che, seppur connessa a quella di matrimonio, è tuttavia autonoma rispetto ad essa.
Di conseguenza, se una parte non la ha avanzata ritualmente, nulla le vieta di proporla successivamente, senza che a ciò sia di ostacolo il fatto che la pronuncia di scioglimento del vincolo matrimoniale sia già intervenuta.
Oltretutto per i giudici l'articolo 5 della legge sul divorzio, delineando l'ambito di competenza del giudice del divorzio, non impone un necessario collegamento contestuale fra la pronuncia sullo status e quella sull'assegno divorzile.
Né tale collegamento "può essere imposto come preclusione processuale derivante dall'intervenuta pronuncia della sentenza di divorzio in un ordinamento straniero che prevede esplicitamente la possibilità di proporre la domanda di assegno in un giudizio separato da quello sullo scioglimento del matrimonio".
Il regime di riconoscimento automatico derivante dal regolamento europeo, del resto, comporta la ricezione nel nostro ordinamento del contenuto della decisione che ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio e lascia aperta la possibilità di far valere le pretese economiche in un separato procedimento.
Il ricorrente deve quindi rassegnarsi a pagare l'assegno divorzile determinato dalla Corte d'appello di Firenze. Nonostante il suo divorzio dalla moglie sia stato pronunciato in Repubblica Ceca.
Corte di cassazione testo sentenza numero 1863/2016