di Lucia Izzo - Qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese giudiziali e nell'ambito di essa non faccia alcun riferimento alla somma pagata a titolo di contributo unificato dalla parte vittoriosa, la statuizione di condanna si deve intendere estesa implicitamente, al di là della mancanza formale, anche alla imposizione della restituzione della somma corrisposta per quel titolo, il cui pagamento sarà documentabile anche in sede di esecutiva tramite la documentazione relativa al versamento.
Lo ha disposto l'ordinanza n. 2691/2016 (qui sotto allegata) con cui la sesta sezione civile della Corte di Cassazione ha formulato un interessante principio di diritto per dirimere future eventuali controversie relative alla condanna alle spese a favore della parte vittoriosa.
Ricorrenti dinnanzi agli Ermellini sono due avvocati, procuratori di un giudizio di regolamento di competenza, ai quali era stato liquidato dal giudice, stante la loro qualità di antistatari, spese di lite che non coprivano l'importo per il contributo unificato: da qui, l'istanza di correzione dell'errore materiale.
Tale ricorso veniva depositato, ma non notificato ad alcuno.
I giudici precisano che il difensore legittimato a proporre ricorso per correzione di errore materiale, concernendo la correzione sia la posizione del soggetto passivo della condanna nelle spese, sia quella del soggetto attivo, riguardo al quale il difensore esercitò il suo ministero, avrebbe dovuto, tuttavia, notificare l'istanza all'uno e all'altro.
Il ricorso dei due procuratori va pertanto dichiarato inammissibile per mancata notifica sia alla parte che difendevano, sia alle altre parti del giudizio conclusosi con la sentenza della quale si chiede la correzione: va applicato il principio ribadito anche dalla recente ordinanza n. 6813 del 2015, secondo cui "Il difensore è legittimato a proporre ricorso per correzione di errore materiale avverso l'omessa pronuncia sulla distrazione delle spese se nel corso del giudizio aveva formulato specifica richiesta in tal senso, fermo restando che la notificazione del ricorso alle altre parti del giudizio costituisce requisito indispensabile, a pena di inammissibilità, per l'esame dell'istanza di correzione".
Ciononostante la Corte precisa che, anche nel silenzio del provvedimento sulle spese, il contributo unificato è comunque e sempre dovuto, anche quando non è oggetto di esplicita statuizione da parte del giudice.
Invero, "l'espresso riferimento ad un importo degli esborsi effettuato dal provvedimento impugnato, se vale certamente a comprendere in esso esborsi ritenuti dalla Corte come naturalmente connaturati alla proposizione del ricorso e liquidati in via forfettaria (come le altre somme indicate nel ricorso per correzione), non esclude in alcun modo che il provvedimento stesso, in quanto recante la condanna alle spese e per ciò solo, si debba intendere come giustificativo anche della imposizione a carico dei soccombenti dell'obbligo di rifusione della somma sborsata per il contributo unificato".
Il contributo unificato atti giudiziari, rammentano gli Ermellini, costituisce un'obbligazione ex lege di importo predeterminato, gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, con la conseguenza che il giudice non è tenuto a liquidarne autonomamente il relativo ammontare.
Se la statuizione sulla condanna alle spese individua come dovuta una somma a titolo di esborsi (cioè di spese vive) determinata, come nel caso di specie, in via forfettaria (nel regime anteriore al d.m. n. 55 del 2014) che non comprende l'importo corrisposto dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, questa può e deve essere intesa non gravata da errore materiale, ma "nel senso che abbia inteso liquidare a favore della parte vittoriosa la somma espressamente indicata in aggiunta a quella rappresentata dalla misura del contributo unificato ed in quanto relativa ad altre spese vive sopportate"
In altri termini la natura stessa del contributo unificato e le modalità del suo versamento, consentono di
intendere la decisione che pure formalmente non abbia condannato al pagamento in favore della parte vittoriosa come decisione senz'altro giustificativa, anche sotto il profilo dell'efficacia di titolo esecutivo, di quella condanna, come se si trattasse di una condanna implicita.
La facile documentabilità dell'importo e la correlazione di essa ad un accertamento dell'Amministrazione palesa d'altro canto che nella specie l'individuazione della sussistenza del titolo esecutivo non sfugge alla formalità che lo deve contraddistinguere.
Nel caso deciso dall'ordinanza impugnata dai ricorrenti non veniva in rilievo il d.m. n. 55 del 2014, entrato in vigore successivamente, ma le considerazione espresse possono riproporsi anche con riferimento al caso in cui, nella sua vigenza, la condanna alle spese venga disposta senza alcun riferimento all'imposizione dell'onere di rimborso del contributo unificato pagato dalla parte vittoriosa.
Cass., VI sez. civ., ord 2691/2016