di Lucia Izzo - Danno esistenziale non risarcito alla vittima di malasanità, in quanto resta ricompreso nella voce del danno non patrimoniale.
Infatti, nell'ambito dell'onnicomprensivo danno non patrimoniale, le varie voci (tra cui quella del danno esistenziale) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, ma svolgono un ruolo in sede di risarcimento nel caso concreto solo a condizione che il danneggiato abbia dedotto e allegato aspetti ulteriori rispetto a quelli tipici.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza 3272/2016 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di una paziente che, a seguito di un intervento chirurgico di asportazione di un adenoma ipofisiario, aveva subito una lesione nervosa con esiti permanenti di menomazione dell'arto inferiore.
In primo grado la domanda di risarcimento danni veniva accolta, con condanna della struttura sanitaria a corrisponderle circa 270mila euro oltre interessi, situazione confermata anche in appello nonostante le impugnazioni proposte anche dalla stessa danneggiata.
Dinnanzi ai giudici di Piazza Cavour, la paziente lamenta l'omessa liquidazione del danno esistenziale che aveva richiesto dinnanzi ai giudici del gravame.
Per gli Ermellini, in realtà, il giudice d'appello ha correttamente applicato il principio secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (nella specie danno esistenziale) che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando l'obbligo del giudice di tenere conto, con apprezzamento di fatto, di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.
Nella specie i giudici di merito hanno tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, sul presupposto che nell'atto di citazione la voce del danno esistenziale non era stata altrimenti precisata e neppure si era stati in grado di verificare, in sede di gravame, l'esattezza di tale attestazione atteso che la ricorrente si era limitata a rimandare ai "numerosi scritti difensivi", deducendo la perdita di possibilità di vita che non avrebbe più potuto avere.
Cass., III sez. civ., sent. 3272/2016• Foto: 123rf.com