di Lucia Izzo - Il delitto di maltrattamenti in famiglia può configurarsi anche se le condotte illecite avvengano all'interno di una coppia "di fatto", quando il rapporto tra i soggetti coinvolti sia però connotato da stabilità, reciproca assistenza e protezione.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. II penale, nella sentenza n. 8401/2016 (qui sotto allegata).
Niente da fare per l'imputato: va confermata la condanna ad un anno di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia, anche se è stata riconosciuta l'esistenza di un rapporto more uxorio con la persona offesa.
Non meritano accoglimento le affermazioni della difesa, secondo le quali non potrebbe aversi il reato in mancanza di un rapporto di stabilità affettiva, di assistenza e protezione necessario per la configurazione del reato.
Gli Ermellini ritengono che il delitto di maltrattamenti in famiglia sia configurabile anche in danno di persona convivente "more uxorio", quando si sia in presenza di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra le due persone, con legami di reciproca assistenza e protezione.
L'esistenza del legame andrà valutata attraverso un giudizio di merito che deve essere trasfuso in una motivazione priva di fratture logiche ed aderente alla emergenze processuali.
Nel caso di specie la Corte di appello ha correttamente valorizzato, ai fini del riconoscimento del rapporto familiare, il progetto di vita condiviso, emergente dalla gestione di una casa comune in cui la coppia aveva iniziato a convivere dopo la nascita della figlia.
Abitazione della quale l'imputato, pur essendosi frequentemente allontanato, aveva continuato a pagare il canone di locazione le quote condominiali e le bollette relative alle utenze dell'abitazione.
Il rapporto di stretta dipendenza affettiva e relazionale, che rappresenta il presupposto del reato di maltrattamenti in famiglia, nel caso di specie trovava pertanto un suo visibile precipitato nella cogestione dell'alloggio sede della famiglia di fatto.
Si tratta di elementi che inducono a ritenere sussistente un comune intento della coppia di iniziare e proseguire una stabile convivenza con caratteristiche della famiglia di fatto, cioè a dire un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza.
Si tratta di un giudizio preciso, coerente con le emergenze processuali e con le linee ermeneutiche tracciate dalla Corte di legittimità che si sottrae ad ogni censura in cassazione e che determina il rigetto del ricorso.
Cass., II sez. penale, sent. 8401/2016