di Valeria Zeppilli - I medici, nei confronti dei pazienti, hanno un obbligo protettivo di informazione che, in generale, comprende anche la necessità di avviare il paziente a un centro diagnostico specializzato.
Non sempre però: come precisato dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 4540/2016 del 8 marzo (qui sotto allegata), infatti, tale obbligo specifico nasce solo se la struttura sanitaria non è adempiente rispetto al suo dovere di adeguatezza organizzativa e assuma una prestazione di spedalità in favore di un paziente nonostante il deficit organizzativo.
Ciò vuol dire che se la struttura sanitaria ha delle apparecchiature comunque adeguate, il medico non è tenuto per forza a indirizzare il paziente verso un centro maggiormente specializzato.
Così, nel caso sottoposto all'attenzione della Corte e deciso con la sentenza in commento, i giudici hanno ritenuto non meritevoli di accoglimento le doglianze di una donna che aveva visto nascere il suo bambino affetto da gravi malformazioni. La malattia, infatti, sulla base delle conoscenze scientifiche dell'epoca (più limitate rispetto a quelle attuali) non avrebbe potuto comunque essere diagnosticata tempestivamente.
Il medico non ha nessuna colpa: egli infatti si è avvalso di un ecografo adeguato e nulla gli può essere contestato per non aver indirizzato la paziente verso un centro ecografico di più elevata specializzazione. Peraltro, sarebbe del tutto arbitrario ricondurre la difficoltà della diagnosi alla mancata visione degli arti del feto nella loro interezza da parte del sanitario, dovendo invece essa essere ricondotta alla tecnica rudimentale dei macchinari utilizzabili nel 1986.
La madre, quindi, non può far altro che rassegnarsi: le sue richieste di risarcimento non meritano di essere accolte
Corte di cassazione testo sentenza numero 4540/2016