di Marina Crisafi - Lui paga il mutuo coprendo anche la parte dovuta dall'ex moglie; lei, in compenso, deve occuparsi del mantenimento dei figli. Questo, in sintesi, il "baratto" intervenuto tra due coniugi e addotto quale giustificazione da un padre per salvarsi dal reato di sottrazione all'obbligo di versamento dell'assegno a favore dei figli minori. Giustificazione ritenuta però non plausibile dai giudici di merito e confermata ora dalla Cassazione (cfr. sentenza n. 10944/2016, qui sotto allegata).
Per il Palazzaccio, infatti, il mantenimento dei figli non può certo essere oggetto di baratto e a nulla vale la tesi difensiva dell'uomo sulla mancanza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all'art. 12-sexies della l. n. 898/1970, avendo la corte omesso di valutare che "la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento era la conseguenza di un precedente accordo delle parti per il pagamento da parte dell'imputato delle cospicue rate di mutuo contratto per l'acquisto di un immobile costituito a fondo patrimoniale, rate che avrebbero dovuto essere pagate anche dalla ex moglie".
Per gli Ermellini, il ricorso è infondato. L'obbligo di versare l'assegno di mantenimento, ricordano, infatti, "è inderogabile e indisponibile e non può essere sostituito con prestazioni di altra natura".
A maggior ragione, nel caso di specie, dato che "l'accollo dei pagamento delle rate del mutuo dell'immobile costituito in fondo patrimoniale e il relativi versamenti sono temporalmente collocati nel periodo di tempo tra il dicembre 2006 e l'agosto 2007 quando la contestazione dei reato di cui all'art. 12-sexies spazia dal giugno 2008 al gennaio 2009, in epoca quindi marcatamente successiva ai versamenti delle rate di mutuo che, secondo il ricorrente, avrebbero sostituito il contenuto dell'obbligo di corresponsione dell'assegno ai figli minori".
Da qui la conferma della decisione di condanna anche in riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato considerato il presupposto pacifico in causa, "della cosciente e volontaria omissione della corresponsione di quanto dovuto".
Cassazione, sentenza n. 10944/2016