di Lucia Izzo - Deve essere ridotto l'assegno di mantenimento a carico del genitore se il figlio, divenuto maggiorenne, ha completato un percorso formativo in una scuola professionale ed è dunque idoneo a svolgere un'attività lavorativa.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 7168/2016 (qui sotto allegata).
A seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, il figlio minore era stato affidato ad entrambi i genitori con residenza presso la madre, assegnataria della casa coniugale; a carico del marito era stato posto un assegno mensile di 1.500 euro, destinato al mantenimento dei figlio, oltre al 50% delle sue spese straordinarie, nonché un assegno divorzile di 800 euro mensili.
La Corte d'Appello, accogliendo parzialmente il gravame dell'uomo, aveva rideterminato l'assegno divorzile in 600 euro e in 1.000 il contributo in favore del figlio.
Dinanzi agli Ermellini, il ricorrente contesta che il figlio, divenuto maggiorenne, ha ultimato una scuola per intagliatore di legno ed è quindi in grado di svolgere attività presso qualche laboratorio artigiano, pertanto evidenzia l'eccessiva onerosità dell'assegno di mantenimento.
Si tratta di una doglianza fondata secondo i giudici del Collegio, i quali evidenziano che secondo la giurisprudenza di legittimità, l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni, secondo le regole dettate dagli artt. 147 e 148 c.c., cessa a seguito del raggiungimento, da parte di questi ultimi, di una condizione di indipendenza economica che si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.
La motivazione della Corte di appello sul punto ha operato una riduzione dell'assegno in considerazione dell'acquisita capacità professionale a svolgere attività retribuita, senza tuttavia operare alcuna valutazione sull'esistenza di una ridotta potenzialità reddituale del padre/ricorrente che giustificherebbe il permanere dell'assegno, sia pure in misura minore rispetto a quella stabilita nel primo grado del giudizio.
La sentenza impugnata va quindi cassata sul punto, con rinvio alla corte territoriale anche per le spese del giudizio di cassazione.
Cass., VI sez. civ., ord 7168/2016