di Valeria Zeppilli - Non paga il risarcimento il legale che non chiama il terzo in manleva e perde la causa: se il cliente è stato informato circa le conseguenze della scelta, non può pretendere che l'avvocato sia gravato anche da un "obbligo di persuasione" rispetto al compimento o meno dell'atto.
A tale conclusione, in particolare, è recentemente giunta la sentenza numero 7708/2016 depositata dalla Corte di cassazione il 19 aprile (qui sotto allegata).
Nel caso di specie, infatti, il ricorrente contestava un presunto comportamento omissivo dell'avvocato che non lo aveva sollecitato dopo il suo rifiuto di chiamare in causa un terzo.
Per i giudici di legittimità, tuttavia, la diligenza cui era tenuto l'avvocato doveva reputarsi assolta già nel momento il cui egli aveva informato il cliente sul punto, senza che si possa ritenere che il difensore fosse anche tenuto a insistere per ottenere il consenso del suo assistito alla chiamata in causa di un terzo.
Nell'affermare ciò la Corte non nega, ma anzi ribadisce, che l'obbligo di diligenza impone all'avvocato anche di assolvere ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione, di richiedergli gli elementi necessari o utili e di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito presumibilmente sfavorevole.
Tuttavia, è comunque innegabile che l'attività di persuasione del cliente al compimento o no di un atto, una volta che sia stato adempiuto l'obbligo informativo, è inesigibile in concreto e in contrasto con il principio in forza del quale l'obbligazione informativa dell'avvocato non è un'obbligazione di risultato ma, invece, un'obbligazione di mezzi.
Peraltro, nel caso di specie, la scelta del cliente di non chiamare in causa il terzo era connessa a questioni non giuridiche ma fattuali, ignote all'avvocato.
Avvocato che, quindi, non è tenuto a risarcire alcunché.