di Marina Crisafi - Girare con un cacciavite in tasca può essere reato. Ad integrare la fattispecie del possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, di cui all'art. 707 del codice penale, infatti, non c'è bisogno di un'azione violenta ma è sufficiente che lo strumento abbia un'attitudine all'effrazione. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Palermo nella sentenza n. 123/2016 (qui sotto allegata) richiamando l'orientamento consolidato della Cassazione in materia (cfr. sentenza n. 17428/2015) e confermando la condanna nei confronti di un uomo che era stato "colto in possesso" di un cacciavite artigianale lungo circa 10 centimetri.
Per la Corte, infatti, per far scattare l'elemento oggettivo della contravvenzione non c'è bisogno di un "quid pluris, consistente in circostanze tali da lasciare supporre imminente l'uso - dell'oggetto - da parte del loro possessore" ma è sufficiente la "disponibilità diretta ed immediata degli strumenti da parte del soggetto, perché è su tale rapporto di immediatezza, e solo su esso, che la legge fonda la presunzione di un'imminente utilizzazione" degli strumenti stessi.
Nella fattispecie, quindi, non c'è dubbio, che il possesso dell'arnese artigianale da parte dell'imputato, peraltro gravato da precedenti penali, per reati contro il patrimonio, integri l'ipotesi di cui all'art. 707 c.p. In ogni caso, l'uomo si salva in extremis per l'intervenuta prescrizione.
Corte d'Appello Palermo, sentenza n. 123/2016• Foto: 123rf.com