di Valeria Zeppilli - Se nello stipulare un contratto di assicurazione per il rischio di decesso l'assicurato omette di comunicare la sussistenza di una malattia, non sempre il suo comportamento può reputarsi in malafede.
Se infatti il questionario sottopostogli dall'assicuratore è generico e incompleto, il comportamento del contraente non può essere ricondotto a dolo o colpa grave.
Questo, almeno, è quanto chiarito dal Tribunale di Caltanissetta con la sentenza numero 155/2016 del 21 marzo scorso (qui sotto allegata).
Nel caso di specie un uomo aveva stipulato nel 2008 e nel 2009 due contratti di finanziamento che prevedevano l'adesione a polizze assicurative per il rischio di decesso, dichiarando di trovarsi in buono stato di salute e di non essere affetto da malattie o lesioni gravi che necessitassero di un trattamento medico regolare. Egli, però, era affetto da alcune malattie.
Ciò che tuttavia rileva, per i giudici, è se in effetti la situazione reale dell'uomo abbia aumentato le probabilità di verificazione dell'evento assicurato e se possano ritenersi sussistenti, in suo capo, il dolo o la colpa grave.
A tal proposito il Tribunale ha messo in evidenza che, affinché l'elemento soggettivo in esame possa ritenersi sussistente, è fondamentale valutare anche il comportamento dell'assicuratore. Quest'ultimo, infatti, deve apprestare un quadro di riferimento delle circostanze che intende conoscere. Se non lo fa, i dubbi circa la rilevanza di alcune condizioni non dichiarate restano a suo carico.
Il giudice ricorda, del resto, che l'assicurato non ha la capacità tecnica di individuare con piena cognizione le circostanze rilevanti e quelle che sono marginali ai fini delle probabilità del verificarsi del sinistro. Egli non è quindi in grado di valutare la reale importanza di alcune patologie ai fini assicurativi e potrebbe sottacerle del tutto in buona fede.
Insomma: se il questionario anamnestico è generico e indeterminato e non è idoneo a valorizzare le circostanze la cui conoscenza per l'assicuratore è indispensabile, va esclusa la consapevolezza dell'assicurato circa il valore che le proprie dichiarazioni hanno in relazione al consenso dell'altra parte.
Nel caso di specie, i contratti assicurativi erano formulati in maniera del tutto generica e non indicavano, neanche per tipologia o in via esemplificativa, le patologie eventualmente rilevanti ai fini della formazione del consenso dell'assicuratore. Di conseguenza è stata rigettata la domanda riconvenzionale presentata dall'assicurazione convenuta in giudizio dall'erede dell'assicurato al fine di far dichiarare il suo diritto a rifiutare il pagamento della prestazione assicurativa.
In ogni caso, la Compagnia convenuta difettava di legittimazione passiva e l'attrice le paga le spese.
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