di Marina Crisafi - La gelosia non è una buona scusa per pedinare la moglie e, ove morbosa, fa scaturire conseguenze sia dal punto di vista civile che penale. Sotto il primo profilo, può scattare, infatti, la sanzione della separazione con addebito; sotto il secondo, invece, una condanna per il reato di maltrattamenti. È quanto emerge dalla sentenza n. 3025/2016 della Cassazione (qui sotto allegata), che non ha avuto alcun dubbio nel confermare la condanna ad otto mesi di carcere per il reato ex art. 572 c.p. a carico di un uomo in preda ad una vera e propria ossessione nei confronti della propria consorte.
Nella vicenda, la sesta sezione penale ha fermamente condiviso le decisioni di merito che avevano stimato come pienamente credibili le dichiarazioni accusatorie della donna sul regime di vita "insostenibile ed umiliante" impostole dal coniuge a causa della sua "morbosa gelosia".
Regime di vita cominciato sin dal rientro da Santo Domingo, dove i due avevano contratto matrimonio, e proseguito (anzi peggiorato) dopo il loro rientro, con pedinamenti continui e assillanti su tutte le attività e gli spostamenti della donna, finanche nel contesto lavorativo (presso il bar dove lavorava come cameriera) a causa del sospetto di relazioni extraconiugali.
Un quadro da incubo - protrattosi per mesi, che si era spinto anche alle offese verbali e alle percosse (certificate dal pronto soccorso) fino all'abbandono da parte della donna della casa coniugale - che vale senz'altro, per gli Ermellini, la conferma della condanna d'appello per i maltrattamenti inflitti dall'uomo all'ormai ex moglie.
Cassazione, sentenza n. 3025/2016
• Foto: 123rf.com