Una denuncia che arriva d'oltralpe ma che riveste interesse a livello internazionale

di Redazione - Toni Messina, avvocato ed esperta di diritto penale, ha raccolto in un articolo pubblicato su AbovetheLaw.com quelli che ha definito i 4 segreti sporchi della giustizia penale. Sia pur con le dovute inevitabili differenze tra le diverse nazioni e i diversi continenti ci sono alcuni elementi comuni che possono far riflettere.

Primo segreto: la custodia cautelare

Per ottenere una confessione si ritiene che lo stress e l'esperienza del carcere riescano a volte a convincere l'imputato (anche innocente) a patteggiare nella speranza di ottenere di ottenere una pena più lieve.

In america ad esempio per ottenere una dichiarazione di colpevolezza si cerca di stabilire una cauzione elevata in modo che l'imputato non abbia modo di pagarla trovandosi costretto a quelle "strumentale" esperienza del carcere.

Secondo segreto: la pena

I più coraggiosi che scelgono di affrontare il processo con la possibilità non poi così tanto remota di diventare vittima di mala giustizia, rischiano una pena più severa in caso condanna e ciò indipendentemente dalla loro reale colpevolezza o innocenza. L'esito del giudizio sembra che in genere sia influenzato dal comportamento dell'imputato e facilmente un innocente potrebbe essere considerato non collaborativo. Per dirla con le parole di Marcello Marchesi "l'innocente è sempre colpevole di avere, con il suo maldestro comportamento, indotto la giustizia in errore".

Un caso significativo di un innocente che ha confessato proprio per il timore di una condanna troppo severa è stato oggetto anche di un film realizzato nel 2013 "Devil's Knot - Fino a prova contraria", diretto da Atom Egoyan. La pellicola ripercorre la vicenda di tre ragazzi oggi conosciuti come i "I Tre di West Memphis". Si tratta di tre adolescenti Damien Echols, Jessie Misskelley Jr. e Jason Baldwin, che furono accusati dell'omicidio di tre bambini.
Il processo attirò l'attenzione mediatica ma non c'erano prove a carico dei tre giovani imputati.

Ciò nonostante il procedimento si concluse con una condanna di Echols, alla pena di morte mentre Baldwin e Misskelley Jr., di 16 e 17 anni, furono condannati all'ergastolo

. Sicuramente a influenzare il verdetto c'era stata la confessione di Misskelley avvenuta nel coso di un interrogatorio durato 12 ore e senza l'assistenza di un legale. Il ragazzo disse di aver preso parte agli omicidi dei tre bambini. Ma nel corso della confessione Misskelley dimostrò grande confusione tanto che successivamente il dottor Richard Ofshe esperto di confessioni false o estorte, dopo aver ascoltato il nastro degli interrogatori, disse che con certezza quella confessione era stata forzata.

In sostanza nella confessione si era affermato:
- che le vittime erano state uccise in uno orario incompatibile con il fatto che in quell'orario si trovavano a scuola
- che le vittime erano state legate con una corda, mentre in realtà erano state legate con le stringhe delle loro scarpe;
- che un bambino era stato soffocato con un bastone mentre il patologo aveva accertato che non vi erano prove di strangolamento;
- che i ragazzi erano stati violentati mentre in realtà il medico legale non aveva trovato alcuna prova al riguardo;
- che gli omicidi erano avvenuti sul luogo dove furono trovati i corpi, quando in realtà il medico legale aveva affermato che sulla scena del crimine non era stato rinvenuto sangue.

Terzo segreto: la presunzione di innocenza

La presunzione di innocenza spesso non esiste. Molti degli imputati sono considerati colpevoli prima ancora di una sentenza di condanna. E raramente viene osservato quel "dovere del dubbio" nei confronti di ogni imputato. Occorrerebbe invece sempre ospitare il sospetto che un imputato potrebbe essere solo la vittima di un equivoco. Ma come scriveva François de La Rochefoucauld "L'innocenza è ben lungi dal trovare tanta protezione quanta ne trova il crimine".

Quarto segreto: le discriminazioni

Meno segrete ma non per questo da ignorare, infine, sono le discriminazioni che molte persone continuano a subire ancora oggi per questioni di estrazione sociale e in alcuni stati purtroppo anche per ragioni di razza.

Se poi pensiamo al nostro Paese non possiamo non ricordare lo scorso anno che il Procuratore generale della Corte d'Appello di Palermo, nel corso della cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario affermò che "L'attuale composizione sociale della popolazione carceraria è per molti versi analoga a quella dell'Italia del 1860. Oggi come ieri in carcere a espiare la pena finiscono soprattutto esponenti dei ceti popolari e coloro che occupano i gradini più bassi della piramide sociale, oltre che gli esponenti della criminalità organizzata. La quota di colletti bianchi in espiazione di pena è statisticamente irrilevante".



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