di Lucia Izzo - Il giudice può legittimamente ordinare a uno dei proprietari della villetta bifamiliare di non parcheggiare più in maniera da impedire l'entrata e l'uscita dai posti auto comuni situati sotto una tettoia.
La condotta di uno dei proprietari che, quando i due posti auto sotto la tettoia sono occupati, parcheggia l'auto in cortile nello spazio scoperto in maniera da impedire la manovra di uscita ai veicoli posti nello spazio coperto, configura una turbativa del possesso, poiché preclude agli altri comproprietari (e compossessori) di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento e alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione Civile, seconda sezione, nella sentenza n. 10624/2016 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di una donna, proprietaria di un immobile facente parte di un edificio bifamiliare.
Per il giudice di merito, rappresentava una turbativa nel possesso il comportamento della ricorrente che, quando i due posti di parcheggio situati sotto una tettoia nello spazio comune erano occupati, parcheggiava la sua auto sullo spazio scoperto in maniera da impedire la manovra di uscita ai veicoli posti nello spazio coperto.
Nonostante il comproprietario avesse proposto un'azione di spoglio per la reintegra nel possesso dei due posti auto sotto la tettoia, la Corte d'Appello aveva ravvisato una molestia possessoria nel comportamento dell'altro che posizionava l'atovettura in modo da contrastare l'entrata e l'uscita ai posti auto: per gli Ermellini, l'aver disposto la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione nel possesso rientra nell'esercizio del potere di interpretazione della domanda spettante al giudice, senza aver con ciò, peraltro, mutato gli elementi obiettivi fissati dall'originaria ricorrente, dato che la mera turbativa costituisce un "minus" rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione nel possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso.
Le concrete modalità di godimento della cosa comune sono desumibili dall'art. 1102 c.c. e assurgono, dunque, a possibile contenuto di una posizione possessoria tutelabile contro tutte le attività con le quali uno dei compossessori comproprietari unilateralmente introduca una modificazione che sopprima o turbi il compossesso degli altri.
Pertanto, deve considerarsi che la condotta del comproprietario, consistente nell'occupazione, mediante il parcheggio della propria autovettura, di una porzione del cortile comune in modo da impedire ad altro comproprietario di fare accesso o di uscire dalla rispettiva area di sosta, configura un abuso (ovvero, nella specie, una turbativa del possesso), poiché preclude agli altri comproprietari (e compossessori) di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (cfr. Cass. 24/02/2004, n. 3640).
La Corte d'Appello ha accertato come la condotta molestatrice della ricorrente fosse stata non isolata, né episodica, essendo durata circa un anno e la stessa Corte di merito ha anche escluso che esistesse un esplicito accordo tra le parti, nel senso che l'attuale ricorrente avrebbe lasciato le chiavi della sua auto all'interno della stessa o nel vano caldaia comune per consentirne lo spostamento, ove di ostacolo ai veicoli.
Ai fini della configurabilità della molestia possessoria, allora, basta la volontarietà del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore, nonché la consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio, non occorrendo che sia dimostrato il perseguimento, da parte dell'agente, del fine specifico di molestare il soggetto passivo, né la
consapevolezza dell'autore dell'aggressione di aver violato la norma posta a tutela del pieno e libero esercizio del possesso.
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Cass., II sez. civ., sent. 10624/2016