di Valeria Zeppilli - Ritardare un risarcimento può comportare il rischio di dover pagare anche gli interessi compensativi per aver posto il danneggiato nell'impossibilità di investire la somma che gli era dovuta e di ricavarne, così, un lucro finanziario.
Tale principio è stato affermato dalla terza sezione civile della Corte di cassazione nella recente sentenza numero 12140 depositata il 14 giugno 2016 (qui sotto allegata), che ha precisato che il non poter procedere all'investimento rappresenta un danno ulteriore che il giudice deve liquidare in via equitativa.
A tal fine è possibile il ricorso ad un saggio di interessi, che rappresentano una componente dell'unico danno da fatto illecito e non un frutto civile per il danno da ritardo. Con un accorgimento però: essi devono essere calcolati facendo riferimento ai singoli momenti rispetto ai quali, in ragione degli indici medi di rivalutazione monetaria, la somma equivalente al bene che si è perso si incrementa nominalmente. In alternativa è possibile calcolarli tenendo in considerazione un indice medio.
La cosa fondamentale, insomma, è evitare che il danneggiato riceva da tale circostanza un'ingiusta locupletazione, cosa che accadrebbe, ad esempio, se gli interessi compensativi venissero calcolati dalla data dell'illecito prendendo come base la somma liquidata per capitale e rivalutata sino al momento in cui è intervenuta la decisione.
Nel caso di specie la Corte d'appello aveva agito in conformità a tale principio e il ricorrente che sperava di non dover pagare tali interessi si deve rassegnare: l'importo determinato come risarcimento per aver posto la sua controparte nella condizione di non utilizzare una porzione di un immobile va corrisposto.
Cassazione, sentenza n. 12140/2016