di Marina Crisafi - Tenere gli animali incatenati è reato. Lo ha confermato oggi la terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 25805/2016 (qui sotto allegata), condannando in via definitiva il proprietario di un circo per il reato ex art. 727, 2° comma, c.p. per aver detenuto due elefanti legati con catene corte limitative di ogni movimento, nonché al risarcimento a favore della Lega Antivivisezione costituitasi parte civile.
A nulla sono valse le tesi del circense che sosteneva che la situazione di disagio per gli animali fosse del tutto "temporanea e contingente" e che la stessa veterinaria avesse precisato "che la struttura era pienamente regolare e che in ogni caso non vi era prova dell'effettivo superamento della soglia di sopportabilità".
In accordo con quanto deciso dai giudici di merito, gli Ermellini non hanno dubbi: il proprietario della struttura non ha minimamente tenuto conto delle necessità dei due animali. E ciò è evidente, sia nel fatto che la situazione nella quale gli elefanti erano stati trovati non era "passeggera e contingente, né dettata dalla necessità di operare per la pulizia e la cura degli animali", come affermato dagli stessi responsabili del circo nell'immediatezza dei fatti, che si erano dichiarati "convinti di poter mantenere gli animali legati con catene corte che ne impedivano i movimenti per l'orario notturno". Del resto, la struttura stessa del circo era tale da rendere inverosimile che gli animali potessero essere tenuti in altro modo, data la mancanza di protezioni esterne che ne impedissero la fuga durante la notte.
A consentire una netta ricostruzione dei fatti ha contribuito anche il servizio televisivo girato da "Striscia la Notizia" a seguito del quale "i responsabili del circo avevano poi adottato una soluzione tecnica idonea a consentire il riposo in sicurezza degli animali all'interno di un recinto posto nella struttura, dove gli stessi erano finalmente liberi di muoversi".
Né, infine, può valere a scagionare l'uomo la testimonianza della veterinaria del circo, la quale si era meramente limitata ad evidenziare la regolarità della struttura circense sotto un profilo meramente burocraticoamministrativo.
Per cui le motivazioni addotte dalla difesa sono risibili per piazza Cavour e sulla sofferenza degli animali non ci sono dubbi. L'art. 727, secondo comma, c.p., hanno premesso infatti "punisce la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali". Inoltre, la disposizione "non si riferisce a situazioni contingenti che provochino un temporaneo disagio dell'animale, in considerazione della sua formulazione letterale, che fa riferimento al duplice requisito delle condizioni di detenzione dell'animale e della produzione di gravi sofferenze".
Per cui condanna confermata e proprietario tenuto a pagare mille euro in favore della Cassa ammende e 3mila euro, oltre accessori di legge, alla Lav.
Cassazione, sentenza n. 25805/2016
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