di Lucia Izzo - In materia di separazione, l'assegno di mantenimento deve essere calcolato tenuto conto del tenore di vita analogo a quello che sarebbe stato possibile se la convivenza coniugale fosse proseguita, prescindendo da quello all'insegna del risparmio concretamente goduto dalla coppia.
Lo ha stabilito il Tribunale di Trento, sezione civile, nella sentenza n. 394/2016 (qui sotto allegata), fissando l'assegno di mantenimento a carico del marito nei confronti della moglie, stante l'apprezzabile disparità patrimoniale fra i due coniugi.
La sentenza ha puntualmente valutato tutte le questioni patrimoniali riguardanti i coniugi, evidenziando come negli anni la dichiarazione dei redditi dell'uomo, titolare di una ditta individuale dedita al commercio di bestiame, sia drasticamente calata. Cosa che non è avvenuta, invece, al volume d'affari della ditta la cui potenziale redditività, seppure attenuatasi rispetto al passato, allo stato non era certo significativamente e irrimediabilmente compromessa
Pertanto, i giudici non possono assumere come esclusivo termine di riferimento il solo negativo dato del reddito imponibile, attestato nell'ultima dichiarazione fiscale e, alla luce dei rilievi svolti, deve ritenersi persistente un'apprezzabile disparità patrimoniale fra i due coniugi visto che, stando alle allegate dichiarazioni fiscali, la convenuta non ha mai tratto significative risorse pecuniarie dall'attività di coadiuvante dell'azienda agricola del figlio.
I mezzi di cui attualmente dispone la donna, le cui condizioni soggettive, di cinquantaseienne priva di specifiche capacità professionali, non le consentono certo un'agevole collocazione sul mercato del lavoro, tanto più se si considera la problematica congiuntura economica, non risultano, dunque, tali da consentirle di godere di un tenore di vita analogo a quello che avrebbe potuto avere in caso di prosecuzione della convivenza coniugale, dovendo questo essere individuato avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche della coppia.
Questo, nel caso di specie, era di apprezzabile entità ove si tenga conto della consistenza del pregresso patrimonio immobiliare del ricorrente, delle sue entrate annuali e dei beni donati ai figli, e quindi considerando tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro.
In sostanza, venendo in rilievo sul punto in questione il tenore di vita riferibile alla fascia socio - economica consona alle rilevanti potenzialità economiche dei coniugi, secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, non va considerato quello eventualmente all'insegna del risparmio in concreto goduto dalla coppia, ritenendosi quindi irrilevante che prima della separazione il richiedente l'assegno abbia tollerato, subito o comunque accettato un tenore di vita inferiore rispetto a quello possibile o anche concordato particolari criteri di suddivisione delle spese familiari e di disposizione dei redditi personali residui.
Considerato poi, da un lato, che, al fine della quantificazione dell'assegno di mantenimento a favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, occorre valutare non soltanto il reddito documentato nelle dichiarazioni fiscali, ma anche tutti gli altri elementi di ordine economico in grado di incidere sulle condizioni delle parti.
Il Collegio ritiene, pertanto,congruo quantificare il contributo mensile dovuto dal marito per il mantenimento della moglie nella somma di Euro 850,00.
Tribunale di Trento, sent. 394/2016• Foto: 123rf.com