di Marina Crisafi - Commette sempre reato chi si spaccia per poliziotto ed esibisce un falso distintivo, anche se la contraffazione è palesemente grossolana. Ad affermarlo è la quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 34894/2016 depositata ieri (qui sotto allegata), confermando la condanna a dieci mesi e venti giorni di carcere nei confronti di un uomo colpevole del delitto di cui all'art. 497-ter n. 2 c.p. in relazione all'art. 497-bis, comma 1 c.p., per aver detenuto illecitamente e usato un distintivo contraffatto della polizia, spacciandosi per agente e intimando ad una signora di spostare la propria macchina, altrimenti si sarebbe annotato la targa e l'avrebbe fatta rimuovere.
L'imputato si difendeva sostenendo che il falso da lui posto in essere era inidoneo o inoffensivo non essendo stato in grado di trarre in inganno neppure la signora alla quale era stato mostrato, visto che la stessa si era precipitata a sporgere querela.
Ma per gli Ermellini, anche se l'oggetto utilizzato era chiaramente una "patacca", la detenzione di un distintivo delle forze dell'ordine che pur senza riprodurre fedelmente l'originale ne simuli la funzione, integra comunque il reato di possesso di segni distintivi contraffatti.
Cassazione, sentenza n. 34894/2016
• Foto: 123rf.com