di Marina Crisafi - Non è responsabile il medico del pronto soccorso che visita il paziente poi deceduto se dopo aver effettuato la diagnosi e disposto l'invio al reparto, lì gli infermieri ne hanno sottovalutato la situazione. Lo ha sancito la quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 39838/2016 depositata ieri (qui sotto allegata) assolvendo un medico di guardia del pronto soccorso dal reato di omicidio colposo per non aver commesso il fatto.
Al sanitario, nella vicenda, veniva contestato l'omicidio colposo ai danni di una paziente per grave imperizia avendo omesso di somministrare la terapia più adatta alle sue esigenze. La donna che si era recata al pronto soccorso lamentando dolori lancinanti veniva visitata dal medico, il quale disponeva accertamenti e prelievi, oltre alla somministrazione di un gastroprotettore e al ricovero.
Al cambio del turno subentrava altro medico che veniva edotto della situazione della paziente, la quale si aggravava per morire subito dopo per arresto cardiaco.
Per i giudici di merito non poteva ascriversi al primo medico (imputato) alcuna responsabilità in ordine al decesso, giacchè la continuità dell'assistenza della paziente doveva essere assicurata dal personale infermieristico che, anziché allertare il medico di turno sulle condizioni della donna ricoverata aveva interpellato l'imputato per un consulto.
La sentenza d'assoluzione veniva impugnata dal procuratore, ma senza successo.
Per gli Ermellini, infatti, il ricorso va rigettato.
Con riferimento alla posizione di garanzia del medico che sia stato interpellato anche per un semplice consulto, la corte ha ricordato che "in tema di responsabilità professionale, il medico che, sia pure a titolo di consulto, accerti l'esistenza di una patologia ad elevato ed immediato rischio di aggravamento, in virtù della sua posizione di garanzia ha l'obbligo di disporre personalmente i trattamenti terapeutici ritenuti idonei ad evitare eventi dannosi ovvero, in caso di impossibilità di intervento è tenuto ad adoperarsi facendo ricoverare il paziente in un reparto specialistico, portando a conoscenza dei medici specialistici la gravità e urgenza del caso ovvero, nel caso di indisponibilità di posti letto nel reparto specialistico, richiedendo che l'assistenza specializzata venga prestata nel reparto dove il paziente si trova ricoverato specie laddove questo reparto non sia idoneo ad affrontare la patologia riscontrata con la necessaria perizia professionale".
Per cui, si legge ancora in sentenza, il ragionamento seguito dal giudice di merito è pienamente congruo, posto che "ove la posizione di garanzia del medico di pronto soccorso possa ritenersi, in concreto, operante anche con riguardo alle scelte terapeutiche successive al ricovero in reparto, non è manifestamente illogico affermare che, in tal caso, occorra anche la prova che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia stata idonea a rendere edotto il sanitario in merito all'evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato".
Cassazione, sentenza n. 39838/2016• Foto: 123rf.com