La S.C., con sentenza n. 13161/2016 si è espressa sul difficile equilibrio tra diritto all'oblio e diritto di cronaca
Avv. Francesca Mengoni - Recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13161/2016 (qui sotto allegata), si è pronunciata sul diritto all'oblio, chiarendone presupposti e requisiti, anche alla luce del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. La Suprema Corte è intervenuta a seguito di una vicenda che aveva visto condannare al risarcimento del danno il direttore e l'editore di una testata giornalistica telematica per violazione del diritto all'oblio. Nello specifico, il titolare ed il gestore di un locale reclamavano la permanenza, nelle pagine di una rivista on line, di un articolo riguardante una vicenda giudiziaria di natura penale che li aveva coinvolti anni addietro e che non si era ancora conclusa. Il Tribunale territoriale aveva rilevato che i ricorrenti avevano subito un pregiudizio alla loro reputazione personale, con conseguente danno all'immagine del locale da loro gestito, a causa della presenza, a tempo indeterminato, dell'articolo di cronaca sul web. La Corte di Cassazione, interpellata sulla questione, ha confermato la decisione del Tribunale e ha ravvisato un illecito trattamento di dati personali nel mantenimento della facile accessibilità e consultabilità di quel servizio giornalistico, quanto meno a decorrere dal ricevimento della diffida trasmessa dagli interessati per la rimozione dalla rete della notizia di cronaca risalente a tempo addietro. Infatti, digitando il nominativo dei ricorrenti, tramite il motore di ricerca Google, compariva associato alla pagina che sponsorizzava il locale da loro gestito, anche il link sull'articolo di cronaca, redatto all'epoca, sulla vicenda penale che li riguardava. Era indubbio, quindi, che il permanere della notizia sul web aveva cagionato una lesione del diritto dei ricorrenti alla riservatezza ed alla reputazione, tenuto conto anche della particolarità dei dati trattati, particolarmente sensibili. Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie, vi era stata una violazione della normativa sul trattamento dei dati personali (D. Lgs. 196/2003), delle disposizioni del codice di deontologia professionale e del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali n. 679/2016. Quest'ultimo, in particolare, ha recepito il diritto all'oblio, sancendo che l'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano, senza ingiustificato ritardo. Conseguentemente, il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellare, senza ingiustificato ritardo, i dati personali quando, per esempio, gli stessi non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati; l'interessato ritira il consenso o si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento. Va evidenziato che la questione in esame ha permesso una riflessione sul diritto all'oblio, inteso come diritto dell'individuo ad essere dimenticato, frutto di elaborazioni dottrinarie, giurisprudenziali e, principalmente, delle Autorità garanti europee. Il problema del diritto all'oblio nasce in relazione al diritto di cronaca giornalistica. Infatti, un fatto privato può divenire legittimamente oggetto di cronaca quando vi sia sotteso un interesse pubblico alla notizia. Tuttavia, una volta che la collettività ha acquisito il fatto, viene meno l'interesse pubblico. Nel caso di specie, considerata la data di pubblicazione dell'articolo fino a quella della diffida stragiudiziale per la sua rimozione dal web, si poteva ritenere che fosse trascorso un periodo di tempo sufficiente a soddisfare gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistica.
Pertanto, riproporre la notizia sarebbe stato solamente inutile e dannoso per i protagonisti, in negativo, della vicenda.
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Pertanto, riproporre la notizia sarebbe stato solamente inutile e dannoso per i protagonisti, in negativo, della vicenda.
Avv. Francesca Mengoni
francescamengoni@hotmail.it
Cassazione, sentenza n. 13161/2016• Foto: 123rf.com
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