Non c'è diffamazione per i volantini del condomino che accusano l'amministratore rappresentandolo come il personaggio della nota favola

di Lucia Izzo - Non commette diffamazione il condomino che inserisce dei volantini nella buca delle lettere degli altri proprietari accusando l'amministratore di violare la legge fiscale e rappresentandolo come un personaggio col naso lungo e con un cartello al collo con la scritta "Pinocchiopoulos". Ciò rientra, infatti, nel diritto di critica se non vengono utilizzate espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti. Quanto all'uso di un personaggio come "Pinocchio", invece, è idoneo ad integrare il diritto di satira.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 41785/2016 (qui sotto allegata), pronunciandosi sul ricorso promosso da un condomino, condannato per i reati di ingiuria e diffamazione (il primo, oggi depenalizzato) avvenuti in ambito condominiale nei confronti dell'amministratore.


La condotta incriminata sarebbe stata realizzata a mezzo di volantini che l'imputato aveva inserito nelle cassette delle lettere degli altri condomini. Ciononostante, secondo la difesa, nel caso di specie va invocato il diritto di critica anche sotto forma di diritto di satira poichè il condominio avrebbe avuto interesse a conoscere gli errori compiuti dall'amministratore in specie riguardo a presunte detrazioni fiscali pertinenti le spese per il parcheggio, che aveva ritenuto possibili.

Per quanto riguarda la vignetta in cui l'amministratore era rappresentato come Pinocchio, la stessa sarebbe stata, secondo la difesa, da inquadrare nel diritto di satira, poiché aveva uno stretto legame con l'operato dell'amministratore, criticato per aver dato informazioni inesatte all'assemblea dei condomini e, per quanto grottesca, non era in sé volgare o ripugnante.


Per la Suprema Corte il motivo è fondato: come evidenziato più volte dalla giurisprudenza di Cassazione, il requisito della continenza, elemento costitutivo e limite del diritto di critica, non riguarda il contenuto delle espressioni, ma la forma della comunicazione, che non deve trascendere in espressioni inutilmente disonorevoli e dispregiative o esageratamente aggressive verso la persona criticata. Il rispetto del canone della continenza esige, invece, che le modalità espressive dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell'informazione, e non si traducano, pertanto, in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato.


Riguardo al secondo aspetto, l'immagine di Pinocchio, pure giudicata diffamante, secondo la S.C., appare inquadrabile nel diritto di satira, che la giurisprudenza ha individuato e collocato nell'ambito della scriminante dell'esercizio di un diritto, ex art. 21 Cost. e art. 51 c.p, fermi restando i limiti dell'inutile e gratuito disprezzo personale, che di regola caratterizza il diritto di critica.


L'uso di tale personaggio della cultura letteraria universale, noto per le sue bugie (invero tanto grandi da

risultare innocue per tutti se non per lo stesso autore) non risulta in sé dispregiativo, né la vignetta è caratterizzata da tratti volgari. Nel contesto comunicativo ritenuto provato il suo riconoscibile significato simbolico negativo appare riferito all'inaffidabilità dimostrata dall'amministratore nella specifica questione fiscale e non rivolto al discredito gratuito della sua persona.


La sentenza impugnata, dunque, va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.


Cass., V sez. pen., sent. 41785/2016

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