di Lucia Izzo - La normativa statale relativa all'aggio esattoriale è in contrasto con l'art. 107 del T.F.U.E. che vieta gli aiuti di Stato e, pertanto, non è dovuto anche se il contribuente deve versare i sottostanti tributi.
Lo ha disposto la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso nella sentenza n. 325/1/2016 (qui sotto allegata) in accoglimento parziale del ricorso proposto da una ditta che aveva impugnato l'intimazione di pagamento ricevuta da Equitalia e riferita ad Iva, Ires, Irap, ritenute, addizionali per diversi anni.
La parte eccepisce, tra l'altro che l'intimazione di pagamento sia illegittima nonché eccessiva e sproporzionata la pretesa relativa ai compensi di riscossione (l'aggio) e interessi moratori. L'aggio, sostiene parte ricorrente sarebbe eccessivo rispetto al costo effettivo del servizio reso dal concessionario e, inoltre, vi sarebbe un'assenza di connessione tra questo e la capacità contributiva.
La CTP, pur respingendo i motivi di ricorso del contribuente, in quanto le imposte erano effettivamnete dovute nella misura individuata dall'ufficio, ritiene che l'aggio non debba essere conteggiato. La Commissione rammenta che quest'ultimo costituisce il compenso spettante al concessionario-esattore per l'attività svolta su incarico e mandato dell'ente impositore. Sotto la voce compensi di riscossione sono indicate le richieste avanzate dall'agente della riscossione quale aggio.
Trattasi di compensi che non trovano alcuna ragione d'essere e appaiono pretesi in violazione dei principi costituzionali in materia gravando sul contribuente senza una giustificazione e senza un collegamento all'attività effettivamente svolta, almeno nel caso di specie. Alla fine tale compenso finisce per divenire una ulteriore modalità di tassazione, come tale illegittima, o una sanzione "impropria", posta a carico del contribuente.
In altri termini, l'aggio, rappresentando la remunerazione per l'attività svolta dal concessionario (Equitalia) nel riscuotere i tributi, attiene al rapporto tra l'ente impositore e il concessionario del servizio stesso e non può dunque essere addossato al contribuente, inteso come soggetto estraneo a tale rapporto.
In secondo luogo e in via principale, la Commissione rileva come l'aggio esattoriale, finisca per essere un compenso che viene stabilito dalla normativa italiana a favore di un'impresa italiana, il quale, essendo scollegato da una effettiva prestazione resa, costituisce, in ultima analisi, un aiuto di Stato che si pone in contrasto con l'art. 107 del Trattato di funzionamento dell'Unione Europea il quale stabilisce che sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati sotto qualsiasi forma, che, favorendo alcune imprese, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
Nel concetto di aiuto deve intendersi ricompreso qualsiasi vantaggio concesso a favore di alcuni soggetti d'impresa ossia in maniera selettiva senza una reale contropartita o con una contropartita minima e non proporzionata all'effettivo vantaggio ricevuto. Cosa che, nel caso di specie, è pienamente ravvisabile
La normativa interna in sostanza attribuisce ad Equitalia, che è composta da soggetti comunque pubblici, un sussidio statale, cioè un aiuto, facendole conseguire un ingiusto vantaggio economico che è superiore e diverso da quello che conseguirebbe sul mercato o se fosse rapportato comunque ad un'attività effettivamente svolta. In altre parole Equitalia, essendo costituita in forma di società commerciale, non può beneficiare di finanziamenti che possano condizionare la libera concorrenza.
Il pagamento di tale aggio, conclude la Commissione, deve pertanto essere escluso.
CTP Treviso, sent. 325/1/2016• Foto: 123rf.com